• Mer 11 Set 2024

Il Vin Santo di Vigoleno e i Colli Piacentini: terroir, qualità e resistenza

Il Vin Santo di Vigoleno, da secoli prodotto nei Colli Piacentini, rappresenta sia un tuffo nel passato, in una storia antica ma non conclusa, sia un vino passito di altissima qualità che lo pone a pieno titolo fra i vini dolci - italiani e non - che devono essere conosciuti e degustati con attenzione e rispetto.

Vigoleno e il suo Vin Santo

Il Vin Santo di Vigoleno rappresenta un unicum in termini di storia, di qualità e di tecniche produttive.

Personalmente, ritengo che il termine terroir sia ultimamente fortemente abusato e generalmente usato impropriamente come sinonimo di territorio. È altresì noto che questo termine francese non è riferito esclusivamente alle condizioni pedoclimatiche di una certa zona – il territorio, appunto – bensì trova la sua centralità nell’attività dell’uomo, nelle sue tradizioni produttive e nei vitigni che nei secoli sono stati selezionati per esprimere al meglio le potenzialità del territorio stesso.

Il Vin Santo di Vigoleno è proprio questo: è l’espressione di un terroir piccolo e unico nel quale si sono sviluppati vitigni e tecniche di cantina uniche per il nord Italia che rimandano a vini ben più blasonati quali lo Sherry, il Vin Jaune du Jura e la sarda Vernaccia di Oristano.

Il castello di Vigoleno - Foto Daniela Balbo

Associazione Produttori Vin Santo di Vigoleno

La mia visita presso l’Associazione Produttori Vin Santo di Vigoleno – che ha la sede all’interno di una palazzo storico di Vigoleno, uno dei borghi più belli d’Italia, arroccato in cima a una collina che domina le valli circostanti – si è svolta in un sereno pomeriggio del mese di marzo 2024. Tale visita mi ha portato a contatto con una dimensione d’altri tempi del produrre vino, quando la sapienza di secoli guidava le mani esperte di vignaioli a produrre il vino non solo per la loro famiglia ma anche – se non soprattutto – per i potenti locali in forma di decima o dazio. Certo oggi la tecnologia aiuta a risolvere alcuni problemi, ma i riti che portano alla produzione di questo straordinario prodotto sono rimasti gli stessi. Un grazie di cuore, quindi, a tutti coloro che con la loro fatica e il loro entusiasmo ci hanno permesso di gustare ancora oggi questo rarissimo vino.

Attualmente, nove sono le Aziende produttrici aderenti all’Associazione Produttori Vin Santo di Vigoleno; nel complesso, oggi sono prodotte in totale circa 1.500 bottiglie, suddivise fra i formati da 0,375l e 0,5l, tutte rigorosamente renane, così come previsto dal vigente disciplinare.

Foto cortesemente fornita dall'Az. Agr. Sesenna

La storia

Testimonianze scritte certificano la produzione di questo vino almeno dal 1539; in quel periodo si hanno fonti che riportano un’estensione delle vigne dedicate alla produzione di uve per il Vin Santo di Vigoleno pari a circa 120ha.
Nei secoli successivi la produzione di questo vino dolce entrò nei conventi e nelle chiese dove, utilizzato come vino per la messa, raggiunse gli anni ’20 del secolo scorso. Dal XIX fino all’inizio del XX secolo, la custode del Vin Santo che comandava la trasformazione e la distribuzione del prodotto era, infatti, la parrocchia di Vigoleno. In questi lunghi anni, le uve prodotte a questo scopo dovevano essere obbligatoriamente donate al clero della zona che le utilizzava per la produzione di questo raro Vin Santo.
In seguito, la produzione tornò ad essere permessa anche ai contadini che ne continuarono la tradizione fino ad oggi raccogliendo importanti successi già alla all’inizio dello scorso secolo come testimoniato, ad esempio, dal premio vinto all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906. Molte sono state le vicissitudini storiche e legali di questo nettare, le cui caratteristiche inimitabili furono messe a rischio da disciplinari troppo permissivi che permettevano l’utilizzo di uve diverse da quelle tradizionali, in quanto più abbondanti e di più facile e redditizia coltivazione.
Dal 2010, un nuovo rigido disciplinare – riconosciuto con Decreto del 21 luglio 2010 pubblicato sulla G. U. n° 180 del 04/08/2010 – limita le uve utilizzabili ai vitigni Santa Maria e melara (minimo 60%), bervedino (ovvero Vernaccia di San Gimignano) e/o ortrugo e/o trebbiano romagnolo (nella misura complessiva massima del 40%).

Foto dell'Autore

L’unicità del Vin Santo di Vigoleno

La Denominazione di Origine Controllata “Colli Piacentini” rappresenta un complesso mosaico di tipologie tra le quali la parte del leone è affidata ai vini frizzanti che trovano tra queste colline una delle loro roccaforti di più antica e consolidata tradizione.

Pur in questo contesto, in questo affascinante angolo di appennino piacentino si sono affermati anche alcuni vini passiti dolci capaci di esprimere unicità e qualità, ovvero il Colli Piacentini DOC Malvasia Passito, il Colli Piacentini DOC Vin Santo e, infine, in nostro indiscusso protagonista, ovvero il Colli Piacentini DOC Vin Santo di Vigoleno.

Colli Piacentini DOC Vin Santo e Vin Santo di Vigoleno: le loro differenze

Il Colli Piacentini DOC Vin Santo deve essere prodotto a partire da uve malvasia di Candia aromatica e/o ortrugo e/o sauvignon e/o marsanne e/o trebbiano romagnolo per almeno l’80%; possono concorrere alla produzione di detto vino le uve provenienti da altri vitigni a bacca bianca idonei alla coltivazione in Emilia-Romagna.

Al contrario, il Colli Piacentini DOC Vin Santo di Vigoleno trae origine da uve Santa Maria e melara minimo 60% alle quali possono essere affiancati grappoli di bervedino (sinonimo di Vernaccia di San Gimignano) e/o ortrugo e/o trebbiano romagnolo nella misura massima complessiva del 40%.

La zona di produzione delle uve di quest’ultimo comprende esclusivamente la porzione collinare compresa fra la Valle dell’Ongina e la Valle dello Stirone; inoltre, le operazioni di vinificazione, di invecchiamento obbligatorio, di imbottigliamento e di affinamento in bottiglia del Vin Santo di Vigoleno possono essere effettuate esclusivamente all’interno del territorio amministrativo del comune di Vernasca (PC).

Per quanto riguarda le pratiche di cantina, l’invecchiamento del vino Colli Piacentini DOC Vin Santo deve avvenire per almeno 48 mesi a decorrere dal 1° novembre dell’annata di produzione delle uve, di cui almeno 36 in recipienti di legno; al contrario, il Vin Santo di Vigoleno deve invecchiare per un periodo minimo di 60 mesi di cui almeno 48 mesi in botti di legno a decorrere dal 1° novembre dell’annata di produzione delle uve.

Per entrambi, il periodo di invecchiamento in legno deve avvenire in botti di capacità non superiore a 500 litri.

Un altro aspetto fondamentale è rappresentato dal fatto che per il Vin Santo di Vigoleno è vietato l’uso di solfiti e delle filtrazioni durante tutte le fasi della vinificazione.

Foto cortesemente fornita dall'Az. Agr. Sesenna

Vin Santo di Vigoleno: clima, territorio e pratiche di vigna.

Nell’area di produzione di questo grande passito i terreni, di origine marina come testimoniato dall’abbondanza di conchiglie fossili, sono franco – argillosi – limosi, spesso ciottolosi e calcarei nonché di moderata profondità ma, molto spesso, di elevata acclività.
Il clima può essere considerato temperato sub-continentale con una temperatura media annua compresa tra 10 e 14,5°C ma, nei mesi estivi, tale media supera frequentemente i 20°C. Le precipitazioni annuali, negli ultimi 30 anni, si sono attestate intorno a un valore complessivo di circa 1.150mm con un massimo principale in autunno e uno secondario nei mesi di aprile e maggio (dati tratti da Climate Data).
La vendemmia si realizza manualmente tra la fine di agosto e gli inizi di settembre, quando l’uva non ha ancora completato la fase di maturazione allo scopo di raccogliere grappoli con bucce più spesse, più sane e quindi più resistenti al futuro appassimento.
Al fine di garantire la qualità del prodotto finito, è fortemente sconsigliato riempire eccessivamente le corbelle – i contenitori di plastica o di legno da 25-30 kg – allo scopo di evitare uno schiacciamento delle uve, prevenendo in tal modo fenomeni di ossidazione e di macerazione degli acini prima che le uve giungano in cantina; inoltre, è molto diffusa la pratica di disporre uno o due strati di foglie, ovviamente esenti da patogeni, per ridurre la probabilità di danneggiare gli acini.

Foto cortesemente fornita dall'Az. Agr. Corsini

Vin Santo di Vigoleno: le pratiche di cantina

L’appassimento

Le uve sono lasciate appassire in ambienti ombrosi e ventilati in ripiani a castello di metallo zincato o di acciaio oppure in cassette di plastica o di legno; in alternativa, i grappoli possono essere appesi al soffitto disposti a due a due su palificazione di legno; nella produzione del Vin Santo di Vigoleno è vietato l’appassimento in pianta che, al contrario, è ammesso per il Colli Piacentini DOC Vin Santo.

Nella maggior parte dei casi, durante l’appassimento in fruttaio si assiste allo sviluppo della muffa nobile – Botrytis cinerea – già presente sugli acini in forma larvata.

Non è generalmente possibile prevedere con certezza la durata del periodo di appassimento che è fortemente influenzato dall’andamento climatico annuale, dallo stato sanitario delle uve nonché da temperatura, umidità e ventilazione dei locale di appassimento. Generalmente, tale periodo si protrae per circa tre mesi con una perdita in peso dei grappoli compresa tra il 25 e il 50%. È interessante sottolineare che l’infavatura con la muffa nobile riguarda principalmente il melara, ovvero il vitigno con la buccia più spessa tra quelle che utilizzate.

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Foto cortesemente fornita dall'Az. Loschi Paolo - La Massina

La torchiatura

Come da tradizione, anche attualmente la torchiatura è svolta nel mese di dicembre; l’uva viene pressata a 150-200atm
Il succedersi di più torchiature e rimonte vengono realizzate per estrarre dalle vinacce il maggior quantitativo di soluzione zuccherina possibile. Tramite la prima torchiatura si ottengono gli zuccheri più facili da estrarre, ovvero quelli meno legati alle pareti dell’acino; tramite la seconda e la terza torchiatura si riescono anche ad estrarre gli zuccheri maggiormente legati alle pareti interne delle bucce; alle fine delle tre torchiature la resa in mosto rispetto al peso delle uve fresche è solamente del 12-15%.
I mosti così ottenuti sono ora posti a decantare per circa un mese in vasche di vetroresina o in tini di rovere coperti a seconda delle scelte del produttore per ottenere mosti limpidi e privi dei residui solidi derivanti dalle precedenti torchiature. In questa fase inizia a formarsi uno strato di lievito superficiale di 4-5mm di spessore che protegge il mosto da un’eccessiva ossidazione e gli conferisce il suo caratteristico quadro olfattivo.

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Lo strato di lieviti in superficie - Foto cortesemente fornita dall'Az. Agr. Corsini

La fermentazione

Dopo lo svolgimento di una prima fase fermentativa, il vino viene travasato in caratelli di rovere di 10-20 anni (botti dalla capacità variabile di 100-200 litri), che saranno riempite circa per ¾ allo scopo di permettere le reazioni ossidative responsabili delle caratteristiche organolettiche tipiche del Vin Santo di Vigoleno.
All’interno delle botticelle avviene ora la seconda fase fermentativa e l’affinamento svolto da una flora di lieviti autoctoni selezionatisi nel corso degli anni e appartenenti alle specie Saccharomyces cerevisiae e S. bayanus. La fermentazione si svolgerà molto lentamente a causa dell’elevato tenore zuccherino e delle basse temperature invernali che rallentano l’attività dei lieviti tanto che per il completamento sono generalmente necessari ben cinque anni; la seconda fermentazione, svolta nei caratelli, è prevalentemente a carico di S. bayanus in grado di sopravvivere meglio alle elevate concentrazioni di zucchero e al maggiore volume di alcol etilico

L’affinamento

Clicca per ingrandire. Schema della vinificazione del Vin Santo di Vigoleno – Tratto dal volume di Nicola Visconti “Vin Santo di Vigoleno”

Durante questi cinque anni di permanenza nei caratelli, l’ossigeno presente nella porzione scolma dei caratelli stessi agisce sullo sviluppo aromatico del Vin Santo di Vigoleno conferendo al suo bouquet le caratteristiche note ossidative; è importante ricordare che, anche durante questa lunga fase di affinamento, sulla superficie del mosto si sviluppa la pelle, ovvero uno strato di lieviti del tutto analogo alla flor dello Sherry o alla voile del Vin Jaune.
Per l’affinamento si utilizzano generalmente cinque caratelli, uno per ciascun anno d’invecchiamento, effettuando, salvo particolari necessità legate all’annata, un travaso all’anno – tradizionalmente nel giorno di giorno di San Giovanni, il 24 giugno – per un totale di cinque travasi.
A causa della perdita di volume dovuta all’evaporazione dai caratelli, ogni anno il travaso si svolge da una botticella di una determinata capacità a una di capacità minore, esattamente come avviene per la produzione di un’altra perla dell’enogastronomia emiliana, ovvero l’ovvero l’Aceto Balsamico Tradizionale DOP sia di Modena sia di Reggio Emilia.
In media, il vino pronto per l’imbottigliamento mantiene un residuo zuccherino compreso fra i 200 e i 250g/l. pur non divenendo mai stucchevole al sorso in virtù della sua spiccata freschezza.

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Foto cortesemente fornita dall'Az. Agr. Sesenna

I vitigni principali: Santa Maria e melara

Santa Maria

Come riportato all’interno del già citato volume di Robinson J. et al., la Santa Maria è un’uva conosciuta per le colline piacentine – e in particolare per la Val d’Arda – fin dal 1768; Cipriani e collaboratori nel 2010 suggerirono una possibile origine di questa varietà da un incrocio spontaneo tra la vernaccia di Oristano e un quasi sconosciuto vitigno a bacca nera, il pensicato; pur essendo confermata dalle analisi biomolecolari, questa ipotesi è di difficile interpretazione in quanto la vernaccia di Oristano non sembra mai essere stata coltivata al di fuori della Sardegna. (Cipriani, G., Spadotto, A., Jurman, I. et al. – 2010. The SSR-based molecular profile of 1005 grapevine (Vitis vinifera L.) accessions uncovers new synonymy and parentages, and reveals a large admixture amongst varieties of different geographic origin. Theor. Appl. Genet. 121, 1569–1585)

Si tratta di un vitigno dalla maturazione medio-precoce; nel 2010 la sua superficie era ridotta a soli 1,42ha.

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Santa Maria - Foto tratta dalla Scheda Tecnica per l'Iscrizione al Repertorio Revisionata della Regione Emilia-Romagna

Melara

Coltivato da tempo nella porzione orientale dei Colli Piacentini, soprattutto in Val d’Arda, questo vitigno a bacca bianca – chiamato anche merlara – ha seriamente rischiato di estinguersi dato che nel 2010 la sua superficie si era era ridotta a soli 0,8ha. Un altro raro vitigno anticamente presente nell’area di Bobbio in Val Trebbia (PC) – il lecco o leck – è stato ipotizzato coincidere con il melara ma tale sinonimia non ha trovato conferme ufficiali nella bibliografia scientifica ed è ormai stata sostanzialmente abbandonata anche se, per completezza, è giusto ricordare che, nella Scheda Tecnica per l’Iscrizione al Repertorio Revisionata della Regione Emilia-Romagna (MELARA RER V005), è indicata una comunicazione personale di Filippetti e Pastore che ne confermerebbe la sinonimia sulla base di analisi biomolecolari.

Come riportato in “Wine Grapes: A complete guide to 1,368 vine varieties, including their origins and flavours” di J. Robinson e collaboratori (2012), il melara è un vitigno dalla maturazione media che si caratterizza per un lieve gusto di moscato; quest’ultima sua caratteristica, però, non trova riscontro nella già citata scheda ampelografica della Regione Emilia-Romagna.

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Melara - Foto tratta dalla Scheda Tecnica per l'Iscrizione al Repertorio Revisionata della Regione Emilia-Romagna

Le degustazioni

I cinque Colli Piacentini DOC Vin Santo di Vigoleno di seguito descritti sono stati degustati nel corso della mia visita all’Associazione Produttori Vin Santo di Vigoleno svoltasi il giorno 22 marzo 2024 presso la sede dell’Associazione stessa e terminata con una magnifica cena presso il nuovo agriturismo della Cantina Visconti. Le annate descritte sono tutte attualmente in vendita sia presso la sede dell’Associazione sia presso le singole aziende.

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La sede dell'Associazione - Foto fornita dall'Associazione Produttori Vin Santo di Vigoleno

Az. Agr. Ballarini – 2016

Questo Vin Santo di Vigoleno è stato ottenuto principalmente da uve Santa Maria con saldi di melara, trebbiano romagnolo e ortrugo provenienti da vigneti allevati a circa 150m s.l.m. lungo versanti aventi esposizione sud e costituiti da suoli sabbioso-argillosi.

L’annata 2016 è stata particolarmente equilibrata sia in termini di temperature sia per quanto concerne la quantità e la distribuzione stagionale delle precipitazioni.

Di color tonaca di frate scuro e lucente, questo 2016 di Ballarini offre un naso piacevolmente fruttato con sensazioni di uvetta appassita e fichi essiccati oltre a intriganti sfumature salmastre e di miele di castagno affiancate, soprattutto in retro-olfazione, da piacevoli sentori di polvere di caffè.

Al palato, sfoggia ricchezza, struttura, una spiccata morbidezza e una marcata, ma non stucchevole, dolcezza; l’equilibrio e la piacevolezza del sorso sono garantiti dall’integrata freschezza e da un garbata sapidità; molto lunga la persistenza.

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Foto di Daniela Balbo

Cantina Visconti – 2015

I vigneti della Cantina Visconti dedicati alla produzione delle uve utilizzate per il Vin Santo di Vigoleno sono costituiti esclusivamente dalle varietà Santa Maria e melara; tali vigneti, allevati a una quota di circa 270m s.l.m. lungo versanti argilloso-limoso-calcarei, godono di esposizione nord-orientale.

L’annata 2015 si è contraddistinta per un’estate molto calda che si è protratta fino al periodo di vendemmia svoltasi verso la fine di agosto; per mitigare l’effetto delle alte temperature, le viti hanno fortunatamente potuto usufruire delle abbondanti scorte idriche dovute alle persistenti piogge primaverili e ad alcuni temporali estivi.

Dal calice, nel quale si mostra del consueto e lucente color tonaca di frate lievemente meno intenso del precedente, emerge una complessa successione di profumi capaci di coniugare intensità e finezza. Il suo bouquet, infatti, spazia dalle onnipresenti sensazioni di uvetta appassita, datteri al forno e fichi secchi fino a note di miele di castagno e grafite; un attimo di attesa e una garbata rotazione del calice permettono al suo quadro olfattivo di completarsi grazie alle eleganti sfumature di vaniglia, cioccolato bianco e fungo secco.

Il sorso spicca per il compiuto equilibrio fra la grassezza del sorso, l’importanza del corpo e la marcata dolcezza sostenute dalla vibrante freschezza che, unitamente all’evidente sapidità, fungono da asse di simmetria per questo Vin Santo di Vigoleno donandogli una beva affascinante e, certamente, non banale; infinita la persistenza.

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Foto dell'Autore

Az. Agr. Corsini – 2013

Questo Vin Santo di Vigoleno nasce da uve Santa Maria, melara e bervedino ottenute da vigneti allevati a circa 300m s.l.m. su versanti esposti a mezzogiorno e costituiti da suoli ben drenanti e ricchi di ciottoli e fossili marini. L’annata 2013 è stata caratterizzata da un buon andamento climatico in virtù delle temperature massime non eccessive durante l’estate e della buona distribuzione delle piogge nel corso della stagione vegetativa.

Il suo tipico e bel color tonaca di frate ci accompagna verso un bouquet altrettanto tipico nel quale le immancabili note di frutta secca – fichi, uvetta e datteri – dividono il palcoscenico olfattivo con evidenti sentori minerali ben riconducibili alla grafite.

Il sorso sfoggia un attacco teso e deciso in virtù della vivida freschezza e della ben presente sapidità che, nel loro insieme, offrono sostegno, equilibrio e piacevolezza di beva a un vino di spiccata dolcezza e ottima struttura; molto lunga la persistenza.

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Foto di Daniela Balbo

Az. Agr. Sesenna – 2010

Le uve Santa Maria, melara, ortrugo e trebbiano romagnolo utilizzate nella produzione di questo Vin Santo di Vigoleno sono state ottenute da vigneti allevati lungo pendii esposti a sud ovest a una quota di circa 250m s.l.m. Tali pendii, costituiti da suoli argilloso-sabbiosi e ricchi di conchiglie fossili, sono spesso ventilati garantendo in tal modo una notevole sanità delle uve.

L’annata 2010 degustata nel corso della mia visita è da considerarsi particolarmente favorevole dato che a una primavera correttamente piovosa è seguita un’estate calda ma senza eccessivi picchi di calore.

Il suo brillante, e leggermente meno intenso, color tonaca di frate ci introduce a una paletta olfattiva tipica e di notevole piacevolezza nella quale spiccano le onnipresenti sensazioni di fichi essiccati e uvetta appassita armoniosamente inframmezzate a note di fiori gialli appassiti, miele di castagno e grafite.

Il sorso – ampio, ricco, dolce e di ottima struttura – trova sostegno nella ben vestita acidità e in una sensazione sapida ben avvertibile; molto lunga la persistenza.

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Foto di Daniela Balbo

Loschi Paolo, La Massina – 2009

Le uve Santa Maria, melara, trebbiano romagnolo e ortrugo utilizzate nella produzione di questo vino sono ottenute da viti allevate a circa 370m di altitudine lungo pendii esposti a mezzogiorno e costituiti da suoli marnoso-calcarei.

Dal calice, nel quale questo 2009 sfoggia il consueto color tonaca di frate brillante e assai intenso, emerge un arcobaleno olfattivo di non comune intensità e finezza che, nel suo insieme, si caratterizza per profumi “amaricanti” che gli conferiscono un fascino del tutto particolare.

Le consuete note di fichi essiccati, datteri al forno e uvetta appassita, infatti, sono armoniosamente inframmezzati a un carosello di sentori tra i quali mi piace ricordare il miele di corbezzolo, l’amaro Braulio alle erbe amare alpine, il chinotto e la corteccia di china; col tempo, la pazienza e una lieve rotazione del calice, la sua paletta olfattiva si completa in virtù delle sensazioni di grafite e cannella. Infine, l’insieme è percorso da un’evidente vena balsamica che ne alleggerisce il bouquet conferendogli un’intrigante verticalità balsamica.

Al palato si offre grasso, strutturato e di grande dolcezza ma, nel contempo, dalla beva piacevole e dal compiuto equilibrio grazie alla tesa freschezza e alla più che evidente sapidità; interminabile la persistenza.

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Foto di Daniela Balbo

Ringraziamenti

In queste ultime righe voglio ringraziare le Aziende dell’Associazione che mi hanno permesso di assaggiare i loro vini vivendo un’esperienza davvero unica e, per molto aspetti, commovente. I miei complimenti e ringraziamenti sono, ovviamente, rivolti anche ai soci che per diverse e giustificate ragioni non hanno potuto aderire alla degustazione ma che, con la loro comune passione e fatica, permettono al Vin Santo di Vigoleno di continuare a vivere e a emozionarci.
Az. Agr. Ballarini
Az. Agr. Corsini
Az. Agr. Sesenna
Cantina Visconti
Loschi Paolo – La Massina

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