• Mer 11 Set 2024

Parte terza – l’Azienda Monsupello: intervista a Marco Bertelegni

I veri intenditori non bevono vino:
degustano segreti.
Salvador Dalí

“….vi confesso che… non volevo fare il vignaiolo! Volevo guadagnare dei soldi. Volevo avere una grande casa in città, una bella macchina e permettermi di viaggiare per il mondo” Così Carlo Boatti descrive i propri sogni da adolescente in una breve autobiografia riportata nel volume “Carlo Boatti – Il Signor Monsupello” (di Giovanni Maggi, Primula Ed., 2014).

Gli anni passano, i giovani diventano uomini e, 50 vendemmie dopo, lo stesso Carlo racconta di come, ritornato a casa dopo una breve e non certo brillante esperienza in campo commerciale, si innamorò del mestiere di vignaiolo. Una passione che lo accompagnò per tutta la vita, portandolo a raggiungere – attraverso quegli strani percorsi che solo il destino, talvolta, sa disegnare – risultati molto più alti di quelli che aveva sognato in gioventù.

Queste poche righe potrebbero bastare a delineare la figura di un uomo che, grazie ad una volontà incrollabile e una fiducia assoluta nelle potenzialità proprie e del proprio territorio, è stato capace di portare una piccola attività agricola di famiglia a divenire una realtà di riferimento per la spumantistica nazionale e internazionale.

Permettetemi, però, solo poche altre considerazioni su due tratti comuni che accomunano molti grandi uomini del vino (e non solo…): la volontà di imparare e la capacità di comunicare. Carlo Boatti capì subito che era necessario viaggiare, confrontarsi con altre realtà e altre esperienze per poter crescere come persona, come produttore e come imprenditore. Capì, però, anche che tutto ciò non era sufficiente e che l’Azienda doveva farsi conoscere, che il suo impegno doveva essere rivolto anche a mostrare al mondo i progressi qualitativi propri e di tutto l’Oltrepò.

Eccolo allora confrontarsi con enologi, sommelier e giornalisti, partecipare a incontri e convegni sempre con la ferma convinzione che questa – e solo questa – poteva essere la strada in grado di portare il marchio Monsupello a divenire un punto di riferimento per l’intero territorio e l’Italia tutta.

Da ultimo, ma non certo per importanza, voglio scrivere di Carla Dellera, la donna che, a partire dal 1969 – anno del loro matrimonio – accompagnerà Carlo lungo tutta la sua vita regalandogli i due figli Pierangelo e Laura, attualmente al timone dell’Azienda di famiglia. Carla appoggerà e accompagnerà il marito per ben 41 anni, partecipando in modo attivo alla gestione di Monsupello fino al giorno della scomparsa di Carlo, il 22 gennaio 2010. Riferendosi a lei Carlo Boatti scrisse: “È lei la mia più grande fortuna, poiché senza di lei non sarei stato capace di fare ciò che ho fatto”.

L’intervista: Marco Bertelegni ci racconta il “suo” Pinot nero

Marco Bertelegni è l’enologo dell’Azienda Monsupello? Si certo! Marco Bertelegni è solo l’enologo dell’Azienda Monsupello? No, assolutamente no. Marco è una delle anime di questa grande realtà della cultura enoica dell’Oltrepò.

Lo si percepisce subito, dalla sua voce, capace di trasmettere passione e coinvolgimento, dal suo sguardo, quando guarda le vigne o le bottiglie che riposano in cantina e i suoi occhi si illuminano di una passione vera, profonda. Marco usa il “noi” per descrivere la filosofia e i prodotti aziendali: un “noi” garbato, il “noi” di chi si sente parte di qualcosa di grande, che non indica protagonismo ma coinvolgimento, passione e affetto per l’Azienda Monsupello, per il proprio lavoro e per l’Oltrepò tutto.

Marco, cosa cerca in un grande Metodo Classico, in particolare se a base Pinot nero?

Cerco innanzitutto la finezza tipica del Pinot nero che deve essere l’imprescindibile complemento alla grande schiettezza e persistenza, tipiche di questi spumanti. La persistenza, in particolare, è una delle caratteristiche tipiche dei migliori Metodo Classico ottenuti con questo vitigno. È però necessario che questi prodotti mantengano la gradevolezza di beva: in una parola sola, quindi, cerco l’eleganza.

Cosa differenzia gli spumanti Metodo Classico a base Pinot nero dell’Oltrepò Pavese da quelli di altre zone con una grande vocazione spumantistica?

Il Pinot nero è un’uva molto difficile sia in vigna sia in cantina: in queste colline si riescono a ottenere invaiatura e maturazione ottimali – con vendemmie normalmente verso la fine di agosto – a differenza di altre zone nelle quali la raccolta deve avvenire poco dopo l’invaiatura perché le uve iniziano rapidamente a “cedere”. Il clima delle nostre terre permette, inoltre, al Pinot nero non solo ottimali maturazioni tecnologiche, ma anche eccellenti maturazioni aromatiche e polifenoliche.

Queste caratteristiche rendono, a mio avviso, l’Oltrepò il territorio più vocato d’Italia per questi spumanti che qui acquistano grande struttura, finezza e longevità.

Quali le pratiche di vigna e di cantina per ottenere prodotti di qualità in Oltrepò Pavese?

L’aspetto che ritengo più importante in vigna è la gestione della chioma; nelle nostre vigne di Pinot nero destinate alla produzione di basi spumante, esposte a est nord-est, evitiamo accuratamente l’affastellamento delle foglie – per mantenere massima l’areazione dei grappoli – e pratichiamo scacchiatura e spollonatura. Inoltre, è necessario prestare la massima attenzione alla legatura dei germogli in quanto, data la loro fragilità, è facile che possano venire danneggiati durante tale operazione.

È evidente, inoltre, che la qualità del prodotto finito sarà in gran parte determinato dalla qualità delle uve raccolte: l’attenta scelta del periodo di vendemmia, la raccolta manuale dei grappoli e il loro trasporto in cassette rappresentano condizioni fondamentali per poter disporre di una materia prima di altissima qualità. In cantina evitiamo l’uso di sostanze decoloranti o di altre tecniche che possano danneggiare o impoverire la struttura del vino base, affidandoci interamente a metodi di lavoro estremamente fini che non estraggano colore e che non richiedano, pertanto, alcun intervento tecnologico a posteriori; la protezione delle uve e dei mosti è affidata all’utilizzo di anidride carbonica e azoto.

L’Oltrepò Pavese si sta facendo conoscere anche con il Metodo Classico Pinot nero rosé: quali sono, a suo avviso, le caratteristiche peculiari di questa tipologia?

Ritengo che questi spumanti – nelle loro diverse declinazioni – siano più vicini alla vera anima del Pinot nero e siano in grado di rappresentarne al meglio le caratteristiche.

Nel nostro prodotto cerchiamo un colore tenue, che riporti alla buccia di cipolla; la lieve tannicità, che si avverte durante la degustazione, è in grado di esaltarne struttura e la persistenza. È necessario, però, prestare molta attenzione all’estrazione di colore e tannini: un’estrazione eccessiva, infatti, andrebbe a scapito di finezza e bevibilità. Interpreto questo Metodo Classico come fosse un “bianco” con maggiore persistenza e capace di esprimere un legame più stretto con le uve da cui nasce.

Quali sono i grandi Metodo Classico a base Pinot nero (ma non solo…) del suo cuore o, comunque, quelli a cui si ispira?

Sicuramente i grandi Champagne, in modo particolare Bollinger, Roederer e Krug. Le zone della Montagne de Reims e di Ay danno vita a prodotti a base di Pinot nero di grande impatto e finezza ma, soprattutto, sempre caratterizzati da anima e personalità.

Le degustazioni

“In una parola sola, quindi, cerco l’eleganza”: così Marco Bertelegni sintetizza la propria idea di Metodo Classico e così, pertanto, li realizza. Certo, ciascun prodotto ha una propria identità e rappresenta, in tal modo, alcune delle migliori caratteristiche del Pinot nero. Ritengo, in ogni caso, interessante cercare nei diversi spumanti degustati – tutti a base di questo grande vitigno – un filo conduttore, ovvero alcune caratteristiche comuni che ne caratterizzino la provenienza territoriale e l’anima di chi li produce.

Credo, innanzitutto, che la caparbia ricerca dell’eleganza trovi realmente piena realizzazione in questi Metodo Classico e che sia perfettamente affiancata da una freschezza sempre netta e affilata ma, nel contempo, equilibrata da strutture importanti, che la rivestono come abiti di alta sartoria. Tutti i prodotti, inoltre, colpiscono lo sguardo per la finezza, la persistenza e il fascino del perlage, capace di dare origine a una spuma molto fitta e cremosa; in bocca, la loro lunga persistenza aiuta ad apprezzarne al meglio l’ampio panorama gustolfattivo.

Monsupello – Pinot nero VSQ – Metodo Classico Brut L. 35114

Il fascino di questo prodotto viene preannunciato dal suo colore paglierino brillante capace di stuzzicare lo spirito edonistico di qualsiasi enoappassionato. Al naso, questo Metodo Classico appare un connubio di intensità e finezza, regalandoci inizialmente sentori di mela golden e pesca bianca che si alternano a note floreali asciutte che riportano al biancospino; lievi profumi di crosta di pane, nocciola tostata e miele millefiori sono arricchiti dalla verticalità del pepe bianco e del mentolo. In bocca esprime pienamente il corpo del Pinot nero conservando un’ottima bevibilità grazie alla sua composta freschezza che ne preserva integrità ed equilibrio.

Monsupello – Pinot nero VSQ – Metodo Classico Brut Millesimato 2009 L. 26414

La lunga permanenza sui lieviti – almeno 55 mesi – arricchisce il colore di questo Pinot nero VSQ di preziose sfumature dorate, ma è l’eleganza del bouquet a rimanere impressa nella memoria – e nel cuore – dell’assaggiatore. Dal bicchiere emergono profumi di fiori e frutti bianchi che si alternano a note di piccola pasticceria, miele di acacia e pompelmo giallo. In bocca è intenso, pieno e cremoso, nonché di grande equilibrio ed intensità.

Monsupello – Pinot nero VSQ – Metodo Classico Nature Brut Pas dosé L. 35114

È il Pinot nero e tanto basta. Potrebbero essere sufficienti queste poche parole per descrivere questo “Pas dosé” capace di riassumere al meglio le caratteristiche, non solo del vitigno, ma di un’Azienda che ha fatto della qualità la sua bandiera. Il magnifico paglierino intenso è reso ancora più intrigante e luminoso dal perlage particolarmente fine, intenso e persistente.

Eleganti note di frutta gialla e di agrumi si alternano ai sentori delle mandorle tostate, della pasticceria da forno e dei fiori di campo; il vitigno emerge ulteriormente lasciando percepire gradevoli sentori di piccoli frutti rossi. In bocca è austero, composto, intenso: la sua tagliente freschezza trova perfetto controcanto nella sua potente struttura.

Uno spumante che fa riflettere su ciò che questo territorio è in grado offrire.

Monsupello Rosé- Pinot nero VSQ – Metodo Classico Brut L. 35214

Se è vero che anche l’occhio vuole la sua parte, allora questo Rosé raggiunge al meglio questo obiettivo grazie al chiaro e brillante color buccia di cipolla, ravvivato da sottili ed eleganti catenelle di minuscole bollicine che sembrano non avere mai fine.

Il naso, fine e intenso, è connotato in modo più marcato dei precedenti dai tipici descrittori del vitigno: note di fragola e ribes rosso si susseguono a sentori di pasticceria secca; il tutto è arricchito dalla verticalità di piacevoli sensazioni balsamiche.

In bocca è ampio e vellutato; la nitida freschezza è supportata da un corpo importante che ne rende la beva particolarmente gradevole.

Tutte le degustazioni sono state svolte nel mese di aprile 2015

Società Agricola Monsupello
Via San Lazzaro 5
27050 Torricella Verzate (PV)
E-mail: monsupello@monsupello.it
www.monsupello.it

Read Previous

Il Pinot nero e l’Oltrepò Pavese: Parte seconda – il territorio

Read Next

Parte quarta – il Pinot nero raccontato da Valter Calvi