Degustare il Tempo: Il Poggio – Etichetta nera – Gavi Docg del Comune di Gavi Rovereto – 2015
Pochi giorni sono trascorsi dal mio precedente articolo di questa piccola serie di contributi riuniti sotto il titolo di “Degustare il Tempo”, ovvero di pezzi dedicati ad alcune bottiglie di una singola annata di una sola etichetta degustate una per anno allo scopo di scoprire, tra le pieghe dei profumi e delle sensazioni al sorso, come il tempo modifichi, maturi e nobiliti alcuni vini. Non una verticale, quindi, nella quale, in un certo qual modo, è il vino a muoversi nel tempo, ma una sorta di “degustazione evolutiva” nella quale il vino – o meglio il millesimo – è “fermo” e noi ci muoviamo nel tempo.
Le pagine di oggi sono dedicate a quattro bottiglie di Gavi Docg del Comune di Gavi Rovereto “Etichetta nera” 2015 dell’Azienda Agricola Il Poggio degustate fra il 2017 e il 2020; le bottiglie appartenevano al lotto L17516.
L’Azienda agricola Il Poggio e il cortese
L’Azienda
Francesca Poggio, la titolare de Il Poggio, ha iniziato la propria attività nel 2004 a partire dalla precedente azienda fondata e gestita da sua mamma – Franca Odone – fin dal 1976.
Francesca è una persona cristallina come i suoi vini. Una persona schietta che si impara ad apprezzare immediatamente, che fin da subito mostra di non nascondere nulla sotto lo zerbino. Francesca è Francesca: ospitale, franca, timida ma nel contempo espansiva, dal cuore grande e dall’altrettanto grande senso dell’ospitalità; non certo a caso, infatti, ha deciso di affiancare all’attività di vignaiola quella turistica gestendo, all’interno della propria struttura, un piccolo, ma estremamente confortevole B&B. Una donna volitiva e molto attiva anche nella promozione del mondo vino e nella valorizzazione al suo interno del ruolo femminile, essendo stata per alcuni anni Delegata per il Piemonte dell’Associazione Nazionale Le Donne del Vino.

Attualmente, il Poggio può contare su 3 ettari di vigneti di proprietà, a cui si affiancano altre piccole porzioni in affitto, siti a quote di poco superiori ai 300m s.l.m. su suoli prevalentemente argillosi – le cosiddette terre rosse, ovvero gli antichi terrazzi fluviali di origine pliocenica e pleistocenica (5,2 milioni-11.000 anni fa) localizzati nella porzione più settentrionale della Denominazione del Gavi Docg – talvolta con piccole presenze marnose e con buona presenza di scheletro; tali vigneti sono prevalentemente esposti verso sud-est o verso sud-ovest. Da molti anni, ad aiutare come consulente Francesca nelle scelte di cantina è il noto enologo Gaspare Buscemi; la produzione attuale si attesta intorno alle 37.000 bottiglie in grandissima di Gavi Docg – anche Metodo Classico – affiancata da una piccola produzione di vini rossi sia da uve dolcetto sia da vitigni bordolesi. L’Azienda si è recentemente dotata di una moderna ed efficiente cantina e di un’elegante sala da degustazione.
Il clima, di transizione con ancora aspetti di tipo continentale, è caratterizzato da inverni lunghi e rigidi, con nevicate abbastanza frequenti ed abbondanti, quanto più si sale verso l’area appenninica; le estati sono più fresche e ventilate rispetto a quelle tipiche della confinante Pianura Padana. A Gavi, la temperatura media è 12.1°C e le precipitazioni annuali raggiungono, in media, i 1045mm.
Il cortese
Il primo riferimento storico documentato a questo vitigno risale al 1614 nell’inventario della cantina del castello di Casale Monferrato; pochi decenni dopo – nel 1659 – questa varietà è ancora protagonista nella corrispondenza tra il castello di Montaldeo e il marchese Doria nella quale si fa riferimento a impianti di “viti tutte di Cortese”. In un’opera scientifica il Cortese è citato per la prima volta dal Conte Nuvolone – vicedirettore della Società Agraria di Torino – nel 1799, nella sua memoria sulla coltivazione della vite e sul modo migliore di fare i vini in Piemonte. Circa mezzo secolo più tardi ritroviamo un’autorevole citazione di questo vitigno da parte del Marchese Incisa nel suo ben noto “Catalogo” del 1852. In seguito è un susseguirsi di citazioni tra le quali trovo giusto ricordare quella nella monografia di Demaria e Leardi (1875) e, ormai nel XX secolo, quella a cura di Viala e Valmorel nella loro “Ampélographie”. Si tratta di un vitigno di notevole vigoria che germoglia normalmente verso la metà di aprile; i grappoli sono generalmente pronti per la vendemmia intorno alla metà del mese di settembre. Recenti analisi biomolecolari non hanno, per ora, rivelato alcuna parentela fra il cortese e gli altri vitigni dell’Italia nord occidentale.
Oltre che in Piemonte, prevalentemente sud-orientale, il cortese è presente anche nell’Oltrepò Pavese Doc e nelle zone limitrofe al lago di Garda lombardo ove è ammesso nelle Denominazioni di Origine Controllata Custoza – col nome di uva Fernanda – e Garda; inoltre, è presente e utilizzato in alcune Igp in Sardegna e in Basilicata oltre che, sempre per vini a Indicazione Geografica Protetta, in buona parte della Lombardia.
Etichetta nera – Gavi Docg del Comune di Gavi Rovereto 2015: la vigna, la cantina e l’annata
La vigna e la cantina
Le uve cortese in purezza, utilizzate per questo Gavi Docg, sono interamente prodotte in azienda a Rovereto di Gavi, una delle frazioni ammesse ad essere menzionate in etichetta. I vigneti di provenienza delle uve, allevati a guyot e aventi un’età di oltre 25 anni, sono siti in prossimità della cantina lungo pendii con esposizione sud-occidentale su suoli rossi costituiti da argille marnose a una quota di 330m s.l.m; le vigne, se necessario, sono oggetto di concimazione organica.
In cantina, la vinificazione e l’affinamento sono svolti esclusivamente in acciaio e la fermentazione è affidata ai lieviti indigeni; la fermentazione malolattica è completamente svolta.
L’annata 2015
L’annata 2015 è stata complessivamente mite, con piogge relativamente scarse e concentrate prevalentemente nei primi quattro mesi. Nel corso del mese di luglio, e in misura minore anche in quello d’agosto, vi sono state alcune intense ondate di calore accompagnate dall’assenza di precipitazioni. Le basse temperature mattutine del mese di settembre (T<10°C) hanno contribuito a un’ottima maturazione aromatica delle uve.
Le degustazioni: il vino e il tempo si raccontano
Prima di iniziare a descrivere le diverse annate, trovo giusto specificare che le quattro bottiglie oggetto della degustazione sono state conservate coricate – a partire dal 2016, anno della loro commercializzazione – nella mia cantina personale, situata sotto il livello stradale, buia, con umidità idonea e temperature oscillanti fra i circa 12°C in inverno e il 22°C in estate ma con temperature molto stabili nel corso delle singole giornate. Da ultimo, mi pare importante specificare che ciascun tappo si mostrava alla vista e all’olfatto in ottimo stato di conservazione e, pertanto, apparentemente privo di difetti.
Degustazione del 4 febbraio 2017
Di color paglierino chiaro e cristallino, in questa prima degustazione l’Etichetta nera 2015 sfoggia un naso marcatamente più improntato alla finezza che non all’intensità nel quale, alle note croccanti di mela Golden e pesca a polpa bianca, si affiancano le sensazioni floreali del gelsomino oltre a quelle agrumate del pompelmo giallo. In seguito a una lieve rotazione del calice, ecco comparire dei piacevoli e delicati sentori burrosi che ben si amalgamano con quelli vegetali delle erbe provenzali; per retrolfazione, l’insieme si completa con gli aromi di confetto e banana.
Il sorso, vivo e garbato, offre un ingresso ampio, morbido e di ottimo corpo per svelare, subito dopo, una vena acida elegante e composta e una ben presente sapidità che, nel loro insieme, gli conferiscono il necessario equilibrio e una beva piacevole pur se dallo spiccato carattere; soddisfacente la persistenza e molto gradevole la chiusa ammandorlata – così tipica della Denominazione – ben percepibile nel fin di bocca.
Degustazione del 30 gennaio 2018
Il suo intenso e lucente color paglierino ci introduce a un quadro olfattivo intenso ed elegante che apre con note fruttate di albicocca e mela ben mature – pur se ancora entrambe fragranti – alle quali si inframmezzano, in un continuo alternarsi di sensazioni, i sentori del cedro fresco, delle erbe aromatiche – timo e maggiorana su tutte – nonché una piacevole pennellata di miele millefiori.
L’ingresso in bocca è fine, ricco e intenso; l’ottimo corpo e l’evidente morbidezza gli donano un sorso avvolgente e rotondo che trova però nelle sempre vivide freschezza e sapidità le pietre di volta che ne sostengono l’equilibrio e la beva; più che adeguata le persistenza.
Nel complesso, un assaggio giocato sulla piacevolezza e la morbidezza – a testimonianza della malolattica svolta – senza concessioni a una piaggeria banale e omologante.
Degustazione del 26 gennaio 2019
Dal calice, nel quale sfoggia un luminoso color paglierino intenso dal quale occhieggiano le prime sfumature dorate, questo terzo assaggio si presenta per mezzo di un naso fine e intenso che apre con sensazioni fruttate di mela Golden e albicocca, entrambe mature ma ancora fragranti, alle quali si uniscono quelle floreali del gelsomino. Una leggera rotazione del calice e un attimo di pazienza ci permettono di apprezzare le note agrumate del cedro fresco, delle erbe aromatiche – soprattutto timo e maggiorana – oltre a piacevoli sentori di mandorla dolce non tostata; infine, una leggera vena minerale, che riporta i nostri sensi direttamente alla roccia, e un nitido profumo di miele di castagno ne arricchiscono ulteriormente l’arcobaleno olfattivo.
All’assaggio, si offre diretto e lineare ma, nel contempo, ampio e avvolgente. La spiccata morbidezza e la ricchezza del corpo, che tradiscono le terre rosse dalle quali ha avuto origine, trovano il loro controcanto nell’ancora vivida freschezza e nella ben presente sapidità che gli conferiscono equilibrio e una beva capace di chiamare con vigore il sorso successivo; più che adeguata la persistenza e gradevole il fin di bocca delicatamente ammandorlato.
Degustazione del 15 febbraio 2020
Di color paglierino intenso, quest’ultimo assaggio offre un quadro olfattivo di buona intensità, decisamente complesso e giocato su profumi più “dolci” rispetto alle tre precedenti bottiglie. In apertura, dominano le note della frutta bianca molto matura, dell’ananas sciroppato e degli agrumi gialli canditi frammiste a sensazioni di camomilla. Col trascorrere dei minuti, l’insieme si arricchisce in un gioco di alternanze nel quale si riconoscono, di volta in volta, i sentori speziati dello zenzero e quelli vegetali delle erbe provenzali oltre a sfumature di mandorla dolce tostata e caramello; infine, l’insieme è percorso da una piacevole vena balsamica, ben riconducibile alla mentuccia fresca, che gli regala un’intrigante verticalità olfattiva.
Il sorso è teso, vivido e ricco; l’ottimo corpo e l’avvolgente morbidezza sono sorretti da un’ancora vibrante spalla acida e da una ben presente sapidità che, nel loro insieme, gli conferiscono equilibrio, carattere e una beva facile ma certo non banale che chiude lunga ed elegante.
Note conclusive
Queste quattro bottiglie di Etichetta nera 2015 de “Il Poggio” hanno retto molto bene il trascorrere di questi anni riuscendo a mantenere integre le caratteristiche distintive della Denominazione – ad esempio freschezza, sapidità e chiusa ammandorlata – e delle terre rosse di Rovereto dalle quali hanno tratto origine e di cui hanno sempre espresso la marcata ricchezza al sorso. La scelta di cantina di svolgere la fermentazione malolattica si è resa percepibile all’olfatto solamente nel corso del primo assaggio tramite garbate note burrose e, in seguito, esclusivamente per mezzo della sempre avvolgente morbidezza peraltro senza nulla togliere alla freschezza e all’equilibrio complessivo.
Nel corso degli anni, infine, si è assistito all’emergere di note fruttate sempre più “mature” e a alla comparsa di sentori più dolci e lievemente tostati ma sempre eleganti e ben lontani dal mostrare concessioni a sensazioni ossidative.
Azienda Agricola Il Poggio
Fraz. Rovereto, 171
15066, Gavi (AL)
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