Noel Whebe, una testimonianza dal mondo arabo del vino
Il Libano, un paese sospeso tra paradiso ed inferno, sulla cui terra calcata dai Fenici, tra storia e leggenda, sgorgano fiumi di delizioso vino diretti a dare testimonianza della voglia di rivalsa e, perché no, di conquista di un paese spesso protagonista delle cronache nere.
E l’impegno di fare del proprio paese un protagonista anche del vino si irradia dalla sinergia tra pubblico e privato. Un paese che si apre al mondo, che offre al mondo il suo lato vero, quello buono, quello che lavora e suda, testimoniato oggi da un nostro caro amico che del vino ha fatto passione e vita e che tale vorrebbe fosse in tutto il Medio Oriente.
Vi presento Noel Whebe. Sommelier, fondatore del sito V-Club che diffonde cultura enoica. Si è formato presso l’Associazione Worldsom a Bordeaux, consulente, degustatore, Ambasciatore per il Libano per l’Associazione Europea dei Sommelier nel 2013.
Quando nasce la sua passione per il vino?
Fu un regalo di Natale. Il mio primo vino attorno all’albero con la famiglia riunita, un momento di gioia e condivisione. Tra tutti i più piccoli ho avuto la possibilità di assaggiare il mio primo vino rosso e mi sono convinto che fosse uno dei migliori.
Ricordi della mia infanzia. All’età di 15 anni trovai il coraggio di mettere in discussione questa mia convinzione e ho cercato di soddisfare la curiosità sperando di trovare risposte. Sono cresciuto in Libano su una terra radicata nella storia e illuminata dalla luce di Baal (Dio Fenicio), fatta di leggende, di immagini, poesie, colori, sapori, segreti e delizie…qui ho trovato la passione degli amanti del vino per la vita.
Ci racconta un po’ del suo lavoro?
Sono il fondatore del V-Club ( www.v – clubs.com), un club che ho creato per la vita e gli amanti della vita… per degustare la vita. Attraverso questo sito culturale e sociale organizzo eventi, attività, serate e incontri conviviali che hanno ad oggetto diversi argomenti dal cibo, al vino, alle esposizioni vinicole…
Come definisce il suo rapporto con il vino?
Il vino è l’anima del sapere. Il mio obiettivo è quello di diffondere la cultura del vino in particolare nel Medio Oriente offrendo consulenza ai coltivatori, alle imprese che producono e commercializzano, ai ristoranti, wine bar, alberghi. Offro corsi di degustazione, abbinamento cibo vino e altro.
Con la mia piccola conoscenza cerco di mettermi al servizio del mondo del vino. Il mio lavoro di consulente sommelier mi apre le porte per viaggiare in più paesi. Ho visitato più di 300 aziende e degustato più di 1500 vini in tutto il mondo. Mi sono formato presso la Woldsom: l’unica associazione che da una formazione eccelsa per il vino. È stata un’esperienza sacra per me.
Religione, guerra, vino, Francia. Ci descrive brevemente la situazione libanese nel contesto vinicolo rispetto a questi fattori?
Il Libano è un pezzo di cielo sulla terra con 18 religioni diverse, non c’è una maggioranza religiosa in particolare, c’è quindi una sorta di bilanciamento che ci permette di non sottostare a rigorosi limiti religiosi.
Nel contesto l’obiettivo dei produttori libanesi, sorretti dalle stese istituzioni, è quello di stare al passo con i vini internazionali ed essere presenti su tutti i tavoli dei migliori ristoranti mondiali. E se le cantine del mondo si caratterizzano per la loro specialità e raccolgono medaglie, i vignaioli libanesi portano il loro vino ovunque per farsi conoscere.
Molti sforzi sono possibili grazie all’aiuto del Ministero dell’Agricoltura libanese, l’ULV- Unione viticola libanese, e l’OIV che con i loro contributi hanno migliorato il settore. Il loro compito è quello di difendere e proteggere l’immagine del vino libanese e incoraggiare gli investitori attraverso politiche mirate. Grazie a questo molti locali che offrono il vino come servizio hanno aperto in Libano oggi e molti che si occupano di import ed export hanno avviato un’attività che sembra progredire.
Ma nonostante questa crescita la situazione economica subisce continue ricadute a causa delle guerre. Ma il Libano è sempre connesso con il resto del mondo e soprattutto con la Francia in cui ho vissuto per una decina di anni ed ho potuto toccare il profondo legame che unisce questi due paesi vinicoli. Purtroppo in Libano non ci sono ancora scuole di Sommellerie o di enologia, di questo forse ha davvero bisogno rispetto alla Francia o al resto del mondo, al momento un Sommelier libanese non trova facilmente un posto adeguato.
Il mercato del vino libanese è in forte aumento e sta acquistando sempre più visibilità. Cosa sta cambiando rispetto al passato?
Il settore vitivinicolo si sviluppa sempre più velocemente. Aumentano le richieste di terra da coltivare e sempre più investitori cercano di stabilirsi nel mio paese.
La concorrenza locale resiste al nuovo che avanza e sono sicuro che questo durerà in futuro. Così come mi auguro che i nostri produttori cerchino metodi sempre migliori di vinificazione, di identificazione territoriale attraverso le denominazioni e l’etichettatura. Il Libano ha terra eccezionale per produrre vini che possono competere tranquillamente con il resto del mondo.
Secondo lei è solo la qualità del vino libanese ad attirare i consumatori oppure ci sono anche altre componenti?
A voler essere oggettivi trovo che il vino libanese sia di qualità media rispetto al vino del resto del mondo ma visto il suo prezzo credo possa essere molto competitivo. Così come pure la sua identità mixata con la cucina libanese, il fattore storico delle Maison e le politiche di marketing giocano un ruolo fondamentale per spingere i consumatori a scoprire il vino libanese.
Quali sono le caratteristiche che rendono riconoscibile un vino libanese?
In generale il vino libanese ha un carattere mediterraneo. È un vino potente, aromatico, elegante e di buona finezza. Con alcune di queste bottiglie, grazie alle tradizionali abilità degli uomini e delle donne libanesi, si produce l’Arak o “acqua della vita”- secondo la nostra storia- uno dei distillati più prestigiosi del nostro patrimonio enogastronomico.
Cosa pensa del vino italiano?
Nel 2004 ho visitato l’Italia e ci sono stato per un mese, un mese di scoperte. È stato fantastico cominciare con la grappa e finire coi più prestigiosi dei vostri vini. È stata una follia abbinare il vino col rinomato gelato italiano. Il vino italiano incarna la storia dell’Italia simboleggiata dai celebri vini rossi di Toscana o del Piemonte, il Chianti Classico, il Brunello di Montalcino, il Barolo ed il Barbaresco o i supertuscan di Marchesi Antinori, Tolaini, Ornellaia, il Masseto, Sassicaia, Ca’Marcanda…ma anche bianchi più semplici da trebbiano o malvasia, il prosecco, il verdicchio…
Ho studiato la lingua italiana ed è stato un grande piacere discutere coi vignaioli che mi hanno invitato a provare i piatti della tradizione italiana, deliziosi..solo che la tradizione araba impone a volte di mangiare con le mani mentre gli italiani parlano con le mani.
Ha visitato molti paesi e degustato più di 1500 vini. Ne ha uno preferito?
Tra tutti i grandi vini italiani che ho avuto la possibilità di degustare i miei preferiti restano il Sassicaia e Tenuta dell’Ornellaia. Tra quelli francesi su tutti c’è Cheval Blanc, tra finezza ed eleganza è una sinfonia musicale, ti fa sognare.
Tra i vini bianchi un colpo al cuore l’ho ricevuto con i secchi dell’Allemagne e Banyuls. Così come il Tokaji ungherese, un miracolo di vino, ideale abbinamento con le torte tatin alla frutta ed eccellente compagno del formaggio persillé.
Ma la regione che preferisco è la Borgogna…500 Climat tutti diversi tra loro. Sono perso per il siriano bargylus. Infine non posso non citare un vino libanese, lo Syrah di Chateau Saint Thomas. Sono poi rapito da un’altra bottiglia “EL IXSIR” anno 2009 prodotto da un gruppo di amici che coltivano l’uva in molte zone del Libano tra cui la Bekaa Valley ed hanno la cantina in una regione al Nord chiamata Batroun. Lo scopo è quello di creare grandi vini che possano essere associati alla grande terra dei loro antenati. Questa bottiglia è fatta con il 55% di Syrah, 35% di Cabernet sauvignon e 10% di Merlot.