Il vino del sabato: Quell’angolo di Puglia dal sapore francese: Torre Quarto e il Rosso di Cerignola
Correva l’anno 1418. Il Meridione era ostaggio dei grandi latifondisti che sfruttavano l’estesa pianura della capitanata per la produzione di cereali e per la pastorizia. E’ in questo periodo che nascono le “masserie“, oggi tradizionali e spettacolari costruzioni, simbolo della storia e della cultura povera pur se eccezionalmente dignitosa ma che all’epoca erano poco più di un ricovero per bestie ed animali che a migliaia solcavano l’arida terra di Puglia.
Uno di questi latifondi è il protagonista di questa storia. 5000 ettari di cui 2300 erano vigneti. Siamo a Sud del capoluogo della capitana, nel comune di Cerignola, in una zona ibrida tra piccola collina e pianura, fertile e di origine alluvionale.
E’ il feudo Torre Quarto
Questo fu di proprietà della famiglia Caracciolo a partire proprio dal 1418 quando fu dato ad essi dalla Regina Giovanna D’Angiò Durazzo. Nel 1616 passa ai Pignatelli e da questi, nel 1806, nelle mani francesi della Duchessa Montieu del Montmerency ed ancora ai nipoti de la Rochefoucald, Duchi di Doudeauville e Bisaccia. Furono proprio i Duchi ad individuare in questa area le caratteristiche ottimali per una viticoltura di qualità, su quello stampo francese ormai celebre, facendo edificare una tra le cantine più belle della Puglia.
Sesti di impianto con enormi navate multiple in pietra e tufo tra loro comunicanti, disposte su più piani e di altezza fuori misura per l’epoca che ancora oggi, sapientemente ristrutturate, accolgono le botti di rovere francese in cui il vino riposa. In questa pianura le uve, prevalentemente rosse ed autoctone, sono allevate con attenzione con la consapevolezza di un risultato di qualità per essere vinificate e poi spedite in Francia, colpita dalla terribile fillossera, a formare le basi per il prestigioso nettare d’oltralpe. Fenomeno non del tutto nuovo dato che il vino della Puglia, così come quello di altre regioni meridionali molto produttive, era commercializzato come vino da taglio. L’azienda era così attiva che fu costruita una ferrovia privata, ancora oggi visibile, che congiungeva le cantine della tenuta alla stazione del vicino centro di Cerignola.
Negli anni ’30 alla proprietà francese subentra la famiglia italo-belga Cirillo Farrusi Bautier Solvay. Fu grazie all’impegno di Marcello Cirillo Farrusi che questo generoso vino inizia ad essere commercializzato non più come vino da taglio, immagine forse squalificante per la sua eccelsa qualità, ma come vino nobile. Il vino di Torre Quarto ha il merito di essere stato il primo vino ad aver fatto conoscere l’enologia pugliese nel mondo. E lo dimostrano i numerosi riconoscimenti che ha ottenuto fin dal 1963 quando il Torre Quarto Rosso fu insignito della medaglia d’oro alla IX fiera internazionale di Ljubjana…da qui in poi non passa anno senza un riconoscimento.
Oggi alla guida dell’azienda c’è Stefano Cirillo Farrusi, che si avvale della collaborazione e dell’esperienza di chi in queste terre generose ci lavora dalla nascita e ne conosce bene i segreti: Luigi e Michele Paradiso. L’azienda è stata ristrutturata mantenendo l’antica struttura architettonica, sono stati rimodernati gli impianti di vinificazione cercando di salvaguardarne tradizione e prestigio. Il valore aggiunto parte dalla vigna: solo vitigni autoctoni, impianti a spalliera per una resa bassa e di qualità e tecniche enologiche all’avanguardia nel rispetto della tipicità del territorio. L’ennesima gemma del patrimonio enologico italiano.
Il vino. “Quarto Ducale Rossi di Cerignola Doc Riserva 2006”. 70% Negramaro e 30% Uva di Troia. 13,5%Vol
Le uve sono vendemmiate ad ottobre inoltrato, macerate con le bucce per circa 10 giorni e fermentate con lieviti selezionati ad una temperatura costante non superiore ai 25°C. Per non avere sorprese durante il lungo affinamento in bottiglia e per rendere ancora più morbido il vino viene indotta e completata anche la fermentazione malolattica. Per completare il processo produttivo il vino riposa in tonneaux di rovere francese di 500 litri per un anno.
Nel bicchiere il vino si veste di rosso rubino di tonalità molto intensa con evidenti segni del lungo riposo virando sul granato. Al naso è intenso e complesso, un tripudio di frutta a bacca nera, matura quasi in confettura, dalla mora di gelso a quella di rovo, la prugna e un sentore sottile di ciliegia di quelle polpose. La nota di legno scompare ruotando il bicchiere ed arrivano delicatamente le spezie, l’anice, la vaniglia, la cannella. Una nota di cuoio. Erbe amare ed aromatiche. In bocca è secco, bella la sensazione di calore dovuta all’alcol, che c’è ma non infastidisce, ed è ben equilibrata da una freschezza sottile. La morbidezza è più che percettibile. Il tannino è levigato. Il legno ben dosato. Lungo in bocca il ricordo delle erbe aromatiche e un piacevolissimo ammandorlato…tipico del vitigno negramaro.
Provatelo con Orecchiette al ragù di agnello.
Ingredienti per 4 persone:
400 g di orecchiette fresche pugliesi
600 g di polpa di agnello (meglio se coscia)
1 bicchiere di vino rosso
800 g di passata di pomodoro
1 spicchio d’aglio
1 foglia di alloro
Maggiorana
Cacioricotta
Olio evo
Sale
Pepe
Preparazione:
In una casseruola bassa fate imbiondire l’aglio con l’olio. Aggiungete la polpa di agnello tagliata a dadini non molto grossi e fate rosolare per qualche minuto sfumando con il vino. Aggiungete le foglie di alloro, salate e pepate. Quando il vino sarà sfumato aggiungere la passata di pomodoro. Lasciate cuocere per un’ora. Lessate le orecchiette in abbondante acqua salata. A cottura ultimata saltate la pasta con il ragù e servite con una grattugiata di cacioricotta e qualche fogliolina di maggiorana.
Buon appetito!!!!!