Finalmente un lavoro, per…Bacco
Ciao Laura, inizierei questa chiacchierata chiedendoti di raccontarci il percorso di studi e di vita che ti ha portata ad essere addetta stampa free lance per importanti associazioni e manifestazioni quali Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti, Villa Favorita e le Giornate Altoatesine del Pinot nero?
Tutto è iniziato nel modo più classico. Liceo, classico appunto, per seguire l’amore per la scrittura e la letteratura coltivate fin da piccola. Quindi Università di Padova, facoltà di Lettere e laurea in arti visive, la mia altra grande passione.
Parallelamente lavori di vario genere per pagarmi gli studi, l’approfondimento e la conoscenza del mondo della comunicazione e, alla fine, l’approdo in agenzia. Prima a Padova e poi a Vicenza, a seguire l’ufficio stampa, le pubbliche relazioni e la gestione di eventi, per clienti del mondo del turismo, della gastronomia e del vino. Per sei anni numerose e formative sono state le esperienze vissute in agenzia poi, lo scorso anno, ho deciso di camminare da sola.
Per svolgere il tuo lavoro è necessario essere iscritti all’ordine dei giornalisti?
No, non è necessario. L’addetto stampa fornisce informazioni e materiali ai giornalisti della stampa off-line/on-line, i quali poi se ne potranno servire, se riterranno interessante l’argomento, per stendere articoli e approfondimenti. Si tratta di una “figura di collegamento” ovvero di chi mette in relazione vignaioli/associazioni/società organizzatrici di eventi (nel mio caso specifico) con i media. Questo lavoro è svolto sia da giornalisti, professionisti/pubblicisti/free lance, sia da operatori di altra formazione. Personalmente ritengo che la differenza fondamentale non stia nella categoria di provenienza, o appartenenza, ma piuttosto nella onestà intellettuale che si applica all’esercizio della professione stessa. Vale a dire che, qualora si scrivano articoli, post o altro, non è corretto esistano legami fra ciò di cui si discetta e chi paga le fatture che si emettono. Tutto qui.
Il vantaggio di una tale onestà è la credibilità e, aggiungo, il rispetto per sé stessi e le proprie scelte.
Lo svantaggio è la perdita di tale credibilità. Sta ad ognuno stabilire la propria scala di valori e la qualità che si intende dare al proprio lavoro.
Tu ti occupi di eventi legati al mondo del vino: da cosa nasce questa tua passione?
In realtà la passione per la terra è nata con me. Come dico spesso, sono un topo di campagna, fiera di esserlo. Nascere in provincia, in una vallata di boschi e con un grande vigneto davanti casa, ha di certo fatto la differenza. Sento la terra vicina come nient’altro e appena ho due minuti liberi spengo il computer e mi ci immergo, si tratti di vigne, foreste, montagne. È un amore a tutto tondo che grazie al vino può prolungarsi anche fra quattro mura. Bastano una bottiglia scelta con cura ed un calice e la terra racconta e si racconta.
Poter lavorare a contatto con i vignaioli, uomini e donne, per me significa frequentare una nuova facoltà, anzi un master. Esperienze, conoscenze, difficoltà, soddisfazioni, gioie; poter condividere con loro emozioni e azioni concrete, è un insegnamento continuo e un piacere anche. Certo, un lavoro come questo non è un’autostrada a tre corsie, direi piuttosto una strada bianca, a volte in salita. E di sicuro i vignaioli sono volitivi e poco inclini ai compromessi, ma è ovvio, la natura a loro non fa sconti. Però il bello sta proprio nel rapporto sincero che si riesce a stabilire con molti di loro.
In Italia si parla molto delle discriminazione verso le donne nel mondo del lavoro: è un problema che hai riscontrato anche tu?
No. Ma so bene che ancora esiste. Secondo me, professionalità e capacità si dimostrano sul campo, a prescindere dal genere. Sia fra gli uomini che fra le donne c’è chi lavora bene e chi lavora male. Questa è l’unica vera differenza. Chi non lo comprende perde l’occasione di lavorare con professioniste, prima che donne, validissime.
Le donne nel vino stanno ottenendo grandi riconoscimenti sia nella produzione sia nella comunicazione: quali pensi possano essere punti di forza di una donna nei riguardi di questo prodotto?
Come appena detto, l’essere donna non garantisce un quid in più nel mondo del vino. Piuttosto il quid nasce dalla capacità di fare tesoro di alcune caratteristiche precipue del genere femminile quali la sensibilità, la pazienza, l’attenzione a sfumature e dettagli, l’empatia con esseri umani e natura. Se a questo accostiamo capacità di ferrea programmazione, un carattere deciso e magari anche un genuino sorriso, beh…
I blogger stanno – de facto – ottenendo un riconoscimento ufficiale nella comunicazione del vino, tanto che quest’anno al Vinitaly avevano, per la prima volta, uno spazio a loro dedicato: quale pensi potrà essere il loro ruolo nella divulgazione del vino in Italia?
La “presa di coscienza” di Vinitaly ha – de facto – riguardato inizialmente più i blogger stranieri che italiani, ma è pur sempre un segnale. Innanzitutto, i blogger hanno un ruolo nella comunicazione del vino in Italia. Anche se non ancora tutti lo riconoscono. Non mi dilungo su evidenze quali il cambiamento inevitabile dell’informazione, sia nei mezzi che nei contenuti, determinato dall’accesso in modo massiccio al web né sul ruolo attivo del navigatore/lettore/commentatore della rete rispetto al ruolo passivo dell’antenato lettore del cartaceo. Mutato il supporto, mutati gli elementi stilistici e strategici nel proporre i contenuti, alcuni elementi sono immutati.
Come fra i giornalisti con tesserino vi sono competenti e meno competenti, fra i blogger vi sono competenti e meno competenti. I primi ci si aspetta lo siano, dato che vengono pagati per questo. Dai secondi lo si aspetta, dato che scelgono di esporre pubblicamente il loro pensiero perché il vino è la loro grande passione. In entrambi i casi non è detto sia così. Ma, alla fine, è sempre la testa del fruitore, gli occhi puntati su uno schermo o su un foglio di giornale, a valutare. E questo ristabilisce un equilibrio, al di là di tutte le polemiche.
Il ruolo di chi comunica e informa il vasto pubblico sul mondo del vino diventerà imprescindibile solo nel momento in cui l’informazione enoica riuscirà ad uscire dallo stesso “mondo del vino” per diventare divulgazione corretta e qualificata. Fare cultura del vino su vasta scala è espressione ancora poco concreta, si tratti di carta, web o TV. Un’alta percentuale di italiani non sa nemmeno di preciso come dall’uva si ottenga il vino al giorno d’oggi e che cosa sia un vitigno. E le nozioni trasmesse da padri e nonni, in molti casi vignaioli oltre che agricoltori, si stanno perdendo del tutto.
Quali difficoltà incontri nel comunicare il vino al di fuori del mondo degli “addetti ai lavori”?
Come scrivevo poc’anzi, la difficoltà sta nella mancanza di conoscenze di base. Io non sono un tecnico e quando devo parlare di un vino parto dal terroir, dal vignaiolo, da storia e “geografia” che il calice sa esprimere. Purtroppo spesso, per chi non è del settore, contano le etichette o meglio quelle etichette e quei nomi che gli investimenti pubblicitari rendono noti tramite la TV, o che i prezzi e il posizionamento rendono appetibili negli scaffali centrali delle gondole degli ipermercati.
Concludo con una domanda di rito: che consigli daresti a un giovane che volesse intraprendere un percorso lavorativo simile al tuo?
In primis deve procedere, con onestà, ad un esame di coscienza relativo alla sua capacità di scrivere correttamente in lingua italiana, meglio se anche in una seconda lingua. Se l’esame è positivo è già un grande passo nella direzione giusta. Quindi proceda a liberare tre scaffali della libreria per tenere a portata di mano, consultandoli spesso e volentieri, vocabolari e grammatica italiana, vocabolari e grammatica della lingua inglese, testi vari sul vino e le varie zone vitivinicole del mondo. Non si conosce mai abbastanza, non si è infallibili, meglio verificare un dubbio in più che uno in meno. Cerchi di fare esperienza presso un’agenzia che lavori nel settore, e che lavori bene; è un altro passo importante per imparare “il mestiere”.
Poi però toccherà a lui espandere i propri orizzonti, consapevole che questa è una professione che non si fa stando sempre alla scrivania. Secondo me non esistono altre vie se non l’immersione e la disponibilità a farsi coinvolgere. Ciò che non si capisce e non si vive almeno in parte, non si può comunicare bene.
Bisogna fare strada per andare a conoscere di persona i propri interlocutori come giornalisti e blogger.
E bisogna fare strada per camminare fra i filari, parlare con i vignaioli, ascoltarli, stringere rapporti. Veri se possibile.
Perché sono le persone che fanno la differenza. Sempre!