• Mer 11 Set 2024

Un fiume di vino: La Cadalora e gli antichi vitigni dell’Adige trentino

Aveva una casetta piccolina in Canadà
con vasche, pesciolini e tanti fiori di lillà,
e tutte le ragazze che passavano di là
dicevano: “Che bella la casetta in Canadà”!
Tratto da “Casetta in Canadà” di Gino Latilla

“Un’altra virtù aveva anco sua moglie, che era sì grande ed avida bevitrice di vino, che in un sorso avrebbe bevuto l’Adige, se fosse stato vino…” Ecco come viene descritta una delle protagoniste di una novella del piemontese Matteo Bandello (Novelle, 2° volume, 4a edizione, 1813), probabilmente in virtù sia dell’importanza politica e commerciale di questo grande fiume sia per l’indissolubile legame tra il fiume stesso, le montagne trentine e veronesi e il loro vino.

La Vallagarina, cioè la porzione di Val d’Adige compresa tra Trento e la Pianura Padana, è storicamente un‘area di grande vocazione vitivinicola. A titolo di esempio riporto di seguito quanto scritto nel 1848 dal Prof Alessandro Riberi nel Giornale della Reale Accademia Medico Chirurgica di Torino (Serie Seconda, Volume Terzo, pag 18): “I piani ed i colli di Trento sono convertiti in un bosco di viti e di gelsi. I colli detti delle Novaline nelle ridentissime campagne di Malavello (paese che s’incontra il primo andando da Roveredo nella Valle di Trento) producono vini squisiti. La vite e il gelso prosperano assai bene nella pianura come nella collina. …Omissis …facendo scelta di buoni vizzati, e propagando in ispecial modo le uve dette negrava, taroldega, e marzemina”.

E oggi? Oggi la viticoltura continua a rappresentare un comparto strategico dell’agricoltura e dell’economia del Trentino, ma molto – forse troppo – è stato cambiato o perso nell’ultimo cinquantennio. Gli antichi vitigni sono scomparsi o relegati a curiosità enologiche, soppiantati dagli internazionali impiantati sotto la tirannia del mercato o di una sua distorta e miope interpretazione.

I vitigni storici del trentino

Trentino, nel sentire degli appassionati dei vitigni tradizionali, vuol dire teroldego, marzemino, schiava e nosiola, ma in realtà il panorama ampelografico di questa provincia e delle sue tre più importanti macroaree (Val d’Adige, Valle dei Laghi e Valsugana) è molto più articolato. Di seguito proverò a dare un quadro – ben lontano dall’essere esaustivo – di pochi vitigni tradizionali minori coltivati in queste zone, con particolare riferimento alla Val d’Adige; i quattro assi della vitivinicoltura provinciale saranno oggetto di futuri approfondimenti.

Casetta

Questa varietà a bacca rossa è nota anche col nome di Lambrusco a foglia tonda ma nulla ha in comune con le grandi famiglie di uve Lambrusco coltivate in Emilia e nel viadanese. Questo vitigno, fino a circa 70 anni or sono, era tra i più coltivati sulle conoidi calcaree dei comuni di Ala e Mori; in seguito, è stato in gran parte abbandonato sia per ragioni commerciali sia per la sua sensibilità alla muffa grigia (Botrytis cinerea). Oggi questa varietà è presente su piccole superfici in vigneti di 40-70 anni, lungo tutta la Vallagarina anche in provincia di Verona. In zona si ritiene che il nome Casetta derivi dall’antico soprannome di una famiglia di Marani; per questo motivo viene chiamata anche con il sinonimo Maranela. Presenta un potenziale qualitativo molto interessante: ricchezza alcolica, caratteristiche organolettiche intense e fini connotate da note fruttate e speziate; buona tenuta acidica e ricca dotazione polifenolica con buon equilibrio tra tannini ed antociani (soprattutto malvidina e delfinidina). Dà vini di buon corpo e buona freschezza.

Lambrusco a foglia frastagliata o Enantio

Questo vitigno non mostra, a dispetto del nome, nessuna parentela né con la varietà sopra descritta né con i Lambruschi propriamente detti. World Wine Passion si è già occupato di questo vitigno (Ciso: chi era costui?) ma vorrei aggiungere che dalla vinificazione in purezza del Lambrusco a foglia frastagliata si ottengono vini di colore rosso rubino, con note olfattive leggermente speziate e vegetali; in bocca questi vini risultano essere di buona freschezza, piuttosto tannici e di buon corpo.

Rossara trentina

Questo vitigno a bacca nera è totalmente separato dall’omonima Rossara reggiana, pur essendo però imparentato con la Sgavetta, un’altra varietà tradizionale della provincia di Reggio Emilia. In Val d’Adige era tradizionalmente utilizzato per sottoporre il teroldego ad una sorta di ripasso.

Negrara

Si tratta di un vitigno originario del Veronese; in realtà la “forma” trentina si differenzia da quella veronese per via della foglia che risulta essere quasi intera in trentino a differenza del veronese dove si mostra essere pentalobata. A seguito della fillossera, il vigore indotto con l’impiego del portainnesto ha provocato una intensificazione produttiva tale da compromettere l’ottimale maturazione delle uve. Nonostante questo fatto tra le due guerre la sua produzione raggiunse gli 80.000 quintali trasfomandolo nel vitigno più diffuso – in collina – per “tagliare” la Schiava. Dalla sua vinificazione in purezza si ottengono, a seguito di una corretta lavorazione in vigna, vini di colore rubino non molto intenso con sfumature violacee e caratterizzati da gradevoli fresche note fruttate e speziate di pepe verde.

Verdealbara bianca

Questo vitigno è presente in provincia di Trento da molto tempo, in particolare in bassa Vallagarina e Valsugana, sebbene fosse presente in modo sporadico in molte zone vitate atesine. I vini da esso ricavati a seguito di vinificazioni in purezza sono caratterizzati da un aroma floreale e fruttato con note di timo; buoni sia il corpo sia l’acidità.

È ancora da ricordare, tra le varietà a bacca nera, il Groppello di Revò, coltivato oggi a spalliera esclusivamente nella valle di Non sulle rive a mezzogiorno del lago di Santa Giustina; da non confondere con altri Groppelli (ad esempio Groppello gentile o G. di Mocasina), questo vitigno presenta notevoli affinità genetiche con il vitigno vallese Rèze e con la Nosiola, chiamata in passato anche Groppello bianco. Tra le varietà a bacca bianca voglio citare, inoltre, la Bianchetta trevigiana – localmente chiamata Vernaccia trentina bianca – coltivata diffusamente in Trentino da molto tempo, essendo citata già in fonti scritte del XVI secolo. In Trentino, all’inizio del ‘900, se ne producevano mediamente ancora 210.000hl.

La Cadalora e il suo territorio

Santa Margherita è una frazione del comune di Ala (TN), in bassa Vallagarina, a nord del capoluogo stesso sulla sinistra orografica del fiume Adige. La leggenda narra che la torre del paese fosse stata costruita per vigilare contro i ladri. In località “Cà de l’Ora”, infatti, vi era un covo di banditi che assalivano i passanti, li derubavano dei soldi, delle mercanzie e dei cavalli per poi ucciderli nascondendo i cadaveri nei sotterranei delle case (tratto da Wikipedia). L’Azienda “La Cadalora” è attualmente gestita dai fratelli Tiziano e Rodolfo Tomasi, che hanno così continuato l’attività iniziata in precedenza dal padre.

Gli obiettivi primari di questa azienda sono stati, fin dal suo inizio, perseguire un percorso di qualità mantenendo sia le antiche pratiche di allevamento della vite sia alcuni vitigni tradizionali pur aprendosi ai cambiamenti, ad esempio con l’aumento delle densità di impianto e l’utilizzo anche di vitigni internazionali.

Attualmente la produzione di punta de La Cadalora è imperniata su uve di produzione propria provenienti da singoli cru: Gazzi per il Pinot grigio e Cadalora per lo Chardonnay per quanto concerne la bacche bianche; i vini rossi sono prodotti a partire da uve Marzemino e una piccola percentuale di Schiava (San Valentino), Pinot nero (Vignalet) e – non poteva essere altrimenti – Casetta (Majere). Le vigne, che attualmente occupano una superficie di circa 10ha nella conca di Santa Margherita ad altezze comprese fra i 180 e i 350 metri di quota, sono condotte a pergola trentina con densità di impianto di 6.000-7.000 ceppi per ettaro.

I suoli, derivanti prevalentemente dalla disgregazione della matrice calcareo dolomitica, sono calcarei e calcareo marnosi e caratterizzati da elevate pendenze. Il clima della zona, di tipo subcontinentale, è mitigato da correnti umide e temperate provenienti dal Lago di Garda ed è caratterizzato da inverni abbastanza freddi e nevosi ed estati relativamente calde e temporalesche. Le precipitazioni medie annue fanno registrare valori compresi tra 900 e 1.200mm, con gradiente crescente da nord-ovest verso sud-est e con due massimi relativi in primavera e in autunno. La temperatura media dell’aria è di circa 11°C ma nella parte meridionale della Vallagarina, dove il Lago di Garda fa sentire i suoi effetti.

La degustazione: Majere – Vallagarina Igt. 2009 13% vol.

Il Majere è ottenuto da uve Casetta provenienti dall’omonimo vigneto coltivate su terrazzi a circa 200m s.l.m.; le viti hanno circa 60 anni di età. Nel bicchiere colpisce per l’impenetrabile color porpora che ne tradisce una giovinezza ancora più che adolescenziale.

L’aspetto di giovanile irruenza lascia però il posto ad un’età già adulta al naso, caratterizzata da sentori ciliegia matura sotto spirito, liquirizia e pepe nero; col passare dei minuti dal bicchiere ecco emergere – direi assai inattesi data la gioventù mostrata allo sguardo -sentori di cuoio e tabacco e lievi note di vaniglia, che ci segnalano un più che accorto uso del legno; il tempo passa ed ecco aggiungersi profumi di erba fresca. In bocca è composto ed equilibrato: il corpo è degno di nota, i tannini sono nervosi ma di fine tessitura e la freschezza – anch’essa giovanile – ben in grado di supportare le morbidezze derivanti da alcol e glicerina; persistenza più che soddisfacente.

Nel corso della mia visita all’Azienda, ho avuto l’opportunità di assaggiare l’annata 2000 del Majere, ormai non più in vendita. È un vino che colpisce per l’eccezionale stato evolutivo che gli consentirà, se ben conservato, una vita ancora lunga e felice. Il colore si è ovviamente spostato sul rubino con sfumature granato ma sono la freschezza alla beva e la trama tannica – di grande setosità ma ancora viva e vibrante – che stupiscono e che mi fanno desiderare di poter ancora assaggiare questo millesimo fra altri dieci anni.

La Cadalora

Via Trento, 44

38060 Santa Margherita di Ala

Trento, Italy

Tel. + 39(0)464.696443

www.lacadalora.com

info@lacadalora.com

Bibliografia di riferimento

AA.VV., 2013 Atlante dei territori del vino italiano. Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali – Enoteca Italiana, Siena. Pacini Editore

Robinson J, Harding J & Vouillamoz J. 2012. Wine grapes: A Complete Guide to 1,368 Vine Varieties, Including Their Origins and Flavours. Harper Collins Ed.

Stefanini M. & Tomasi T., 2010. Antichi vitigni del Trentino. Fondazione Edmund Mach – Istituto Agrario di San Michele all’Adige.

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