Summa 2019: una manifestazione che supera i confini della qualità
Anche quest’anno Summa si riconferma l’oasi felice del vino, un ritrovo di vignaioli da tutto il mondo che con questa manifestazione condividono valori, obiettivi e il desiderio di creare un momento unico e di confronto con il visitatore. Da oltre vent’anni, tra le suggestive mura di Casòn Hirshprunn e Tòr Löwengang e il Giardino all’ombra del Paradeis a Magrè (BZ), a casa di Alois Lageder, si svolge uno degli appuntamenti più attesi dagli addetti ai lavori e non solo, per alcuni anche irrinunciabile; questo emerge scambiando chiacchiere con colleghi e amici incontrati a questa non-fiera del vino. Sì perché a Summa si può chiacchierare, scambiare opinioni – anche con lo stesso padrone di casa e i figli Clemens, Anna, Helena Lageder la moglie Veronika Riz – ragionare sul vino, sul futuro, ci si può fermare a pranzare potendo scegliere tra ricche proposte gastronomiche dei partner food… Summa è per chi vuole trascorrere una due giorni “in famiglia”, in mezzo alla viticoltura di qualità, sostenibile (con un occhio di riguardo a Demeter, partner da tanti anni) e vivibile, senza trovarsi fagocitati dalla folla assetata.
Un’edizione che ha fatto il botto, superando i 100 produttori e raggiungendo nuovi paesi come Cina, Ungheria e Repubblica Ceca che si sono uniti a viticoltori affezionati provenienti da Germania, Austria, Francia, Italia, Nuova Zelanda, Portogallo e Slovenia. La curiosità, si sa, è femmina, decido quindi di ficcare il naso nei calici internazionali, tra le new entry e gli affezionatissimi della manifestazione.
Maison Boizel – Joyau De France 2000
Apro le mie degustazioni con le bollicine. Produttori di Champagne nel cuore pulsante della regione, le colline di Epernay, Boizel propone gustosi assaggi al banco, ma la complessità del millesimato Joyau de France 2000 da selezione di uve grand cru e premier cru, che ha riposato 12 anni sui lieviti e con basso dosaggio, si è conquistato il gradino più alto del podio. 35% chardonnay e 65% pinot noir, questa cuvée offre un potpourri di profumi e grande intensità. La frutta la fa da padrone con albicocca, pesca gialla matura, agrume, frutta tropicale e frutta secca, e ancora lieviti, erbe aromatiche e una tenue speziatura dolce. Il perlage fine è perfettamente integrato alla cremosità, tutto l’olfattivo riconferma la propria presenza, e si accompagna a freschezza e persistenza.
Burja – Burja Noir 2017
Tra le varietà locali assaggiate al banco della cantina slovena certificata Demeter – dallo Zelen a uvaggi di rebula e malvazija e blend di pokalca, refošk e frankinja – mi lascio incantare dal loro pinot nero Burja Noir 2017 in purezza, l’unica uva non autoctona della Valle del Vipava da loro prodotta, omaggio alla Borgogna, grande passione del padrone di casa Primož Lavrenčič. I suoli di produzione alternano formazioni marnose e arenarie (siamo intorno ai 250 m d’altitudine) con venti costanti che arrivano dalle Alpi. Con una macerazione di circa due settimane e un affinamento in botte grande, questo pinot noir vuole distinguersi con una personalità tutta sua, vivace e diretta. Il naso si presenta energico, con frutti rossi selvatici, speziatura e note erbacee. Arriva in bocca con un sorso verticale, vibrante e teso, bella la freschezza che si intreccia a un tannino ruspante.
Chateau Changyu Moser XV – Grand Vin Cabernet Sauvignon 2016 Ningxia, Cina
Non potevo non assaggiare i nuovi arrivati di Magrè, non capita tutti i giorni di assaggiare vini che arrivano dall’Estremo Oriente. La Cina oggi, in termini di volumi, rientra tra i maggiori produttori di vino, e da un uso prevalentemente interno si sta allargando oltreconfine. Questo era infatti l’obiettivo di Lenz Moser che dal 2015 con il progetto Chateau Changyu Moser XV sta provando a portare nel mondo la migliore produzione cinese. La regione vinicola si estende intorno ai 1.100 m s.l.m., con notti fresche e più di 3.000 ore di sole all’anno. Assaggio il Grand Vin Cabernet Sauvignon 2016 invecchiato in barrique per 24 mesi e mi è subito chiaro del perché incontri il gusto internazionale. Trovo un legno un po’ sovrastante (è anche giovanissimo), tuttavia il vino rubino è generoso di profumi, frutti rossi e more in confettura, chiaramente vanigliato, arrivano anche note di cioccolato e pepe nero. In bocca trovo una bella struttura e persistenza, lieve nota amaricante sul finale.
Domaine Mas Des Quernes – Ville Romaine AOC 2016 e Les Ruches AOC 2017
Contentissima di aver scoperto questa produzione del Languedoc-Roussillon. Ho trovato al banchetto vini autentici (e biologici) e di ottima qualità. Dall’espressione 2016 del “Villa Romaine” Terrasses du Larzac AOC, di grenache, mourvèdre, carignan coltivate su terreni sassosi a circa 150 m d’altitudine – fresco e perfetto per accompagnare la tavola (che poi è quello che dovrebbe essere il vino) – alla 2017 del Les Ruches, Terrasses du Larzac AOC, stesso uvaggio con breve affinamento in barrique e uve vinificate separatamente, più morbido ed immediato. Due facce armoniose di uno stesso territorio ed entrambe seducenti. Un colpo di fulmine il primo, con viole, frutta rossa e more, tabacco e spezia, in bocca è succoso con un tannino vibrante e un finale speziato. Il secondo dà un approccio più dolce, con bel naso di frutti di bosco in confettura, spezie e liquirizia, ma le durezze in bocca emergono più lentamente: predomina in un primo momento la morbidezza che solo dopo cede il passo alla struttura e alla trama tannica; entrambi lunghi.
Georg Breuer – Rheingau Rauenthal Nonnenberg 2010
Un cremoso riesling che arriva dall’omonimo cru (di proprietà esclusiva dell’azienda) del Rauenthal, caratterizzato da una particolare combinazione del terreno, in cui si trovano ardesia, filladi e argilla. Siamo sulle colline del Rheingau, regione che ho incontrato recentemente a ProWein. Dorato, un’esplosione di profumi e intensità, invoglia a rimettere il naso nel calice. Minerale, dagli idrocarburi alla pietra focaia, agrumato e con note di frutta candita, speziato e leggermente etereo; mi convince già al naso con una morbidezza che ritrovo poi tutta in bocca, ma non a discapito di una buona acidità. Di corpo, un sorso intenso e persistente.
Weingut Graf Adelman – Vignette HADES Rotweincuvée 2015
Dal Württemberg, Germania, incontro una cuvée 2015 di Lemberger (50%), cabernets (c. sauvignon e quote di due varietà resistenti, ovvero c. dorsa e c. mitos, per un totale pari al 35%) e pinot noir (15%), affinamento in botti di rovere, della cantina Graf Adelmann. È il keuper – marna tipica di quest’area della Germania che si alterna a strati di argilla, calcare fossile, arenaria e sedimenti fluviali – a caratterizzare i suoli su cui crescono i vigneti di produzione e che ritrovo proprio nell’eleganza di questo assaggio. Complice senz’altro la bella annata, trovo al naso una complessa trama olfattiva che va dai mirtilli ai frutti rossi, alle note vegetali, di erbe aromatiche e sottobosco, al cuoio con una lieve spezia sul finale. In bocca, è strutturato, composto e potente, il tannino è di qualità e sul finale promette un discreto potenziale per questo vino; l’acidità è presente, ma rimane più mite.
Weingut Künstler – Kostheim Weiss Erd Riesling GG 2017
È il Rheingau a dare i natali a questo riesling trocken, precisamente la parcella Kostheim che lo ha fregiato del titolo di VDP Grosse Lage. Il suolo marnoso-calcareo conferisce a questi terreni la caratteristica colorazione bianca, composizione che dà soprattutto ai vini struttura, acidità, profondità e longevità. Frutta gialla e cedro, mineralità – che ricorda anche note salmastre – e pepe bianco, anticipano un sorso di corpo, setoso e denso, bello sapido e con un’acidità elevata che promette un lungo invecchiamento in cantina. Finale persistente e piacevole.
M. Chapoutier – De L’Orée 2011
Torno nella stanza dei Demeter & Friends di Casòn Hirschprunn, in un banco che mi propone bellissimi assaggi che arrivano dalla Valle del Rodano. Dalla parte meridionale della valle – di cui degusto uno Châteauneuf-du-Pape accattivante (Pie VI 2016) con 65% di grenache e 35% di syrah – a quella settentrionale. Ed è qui che le mie antenne si drizzano, con il De L’Orée AOC Hermitage 2011, da uve marsanne provenienti da vecchie viti di 70 anni di età, su suoli di origine alluvionale. Il vino viene lasciato sui lieviti per 6 mesi con successivo affinamento in botte. Un bel colore dorato, un parterre di profumi maturi e caldi, di frutta, prevalgono le note agrumate, e ancora di fiori bianchi, di spezie e vaniglia. All’assaggio si estende ampio e rotondo in perfetto equilibrio con acidità e mineralità. Il finale è lungo.
Weingut Nik Weis St. Urbans-Hof – Laurentiuslay Spätlese 2013
Torno al riesling, gli scoscesi vigneti ricchi di ardesia della cantina si trovano tra i fiumi Mosella e Saar-Ruwer. Questo spätelese VDP.Grosse Lage – cioè la classificazione conferita a eccezionali singole parcelle dei migliori vigneti tedeschi, in questo caso la Leiwener Laurentiuslay – cattura subito con un naso fine e minerale che acquisisce poi opulenza e complessa struttura aromatica di frutta esotica, pesca matura e albicocca oltre a frutta secca, spezie e miele. All’assaggio, la performance incede nel segno della positività offrendo un equilibrio eccellente tra morbidezze e durezze, con un’acidità che permane più a lungo sul finale.
Schubert Wines – Schubert Pinot Noir Block B 2016
Arrivano dalla Nuova Zelanda, infine, i vini di Schubert Wines, interessanti soprattutto i pinot noir assaggiati. Siamo nel distretto di Wairarapa (Martinborough), la parte più meridionale dell’isola del nord, dove il vitigno borgognotto si trova a proprio agio. Il pinot noir Block B 2016 è una selezione di cloni di Dijon e proviene da suoli caratterizzati da sedimenti fluviali. L’annata è stata fortunata, con un febbraio caldo e poche piogge, ottime condizioni per la vendemmia di fine marzo. Al naso vincono aromi fruttati, di more e frutti a bacca nera, di prugna matura, seguiti da cioccolato, spezie, erbe e tostatura. In bocca, si apre elegante e liscio, si sente l’incedere del legno ma ben integrato, con una bella struttura tannica.