• Dom 06 Ott 2024

Quando Milano era “da mangiare”: il cibo di strada negli anni ‘20

Era il 1985 quando il noto pubblicitario Marco Mignani, scomparso alcuni anni or sono, coniò, per un noto amaro, lo slogan “Milano da bere”: era la Milano degli yuppies, di Craxi e delle grandi speculazioni. Milano, però, era stata una città diversa: “Milan dal cœur in man”, una città a misura d’uomo dove esisteva la solidarietà e dove tutti erano accolti con calore e senso dell’ospitalità. Una città dove non c’erano i fast food bensì nella quale, in ogni stagione, si potevano trovare ghiottonerie vendute da artigiani direttamente in strada con riti e slogan diversi per ciascun prodotto. Un mondo completamento perduto, schiacciato dalle nuove mode e dai nuovi ritmi di vita, che rimane vivo solo nella mente di chi ha avuto la possibilità di viverlo: quanto segue nasce, infatti, dai ricordi di mio padre – Arnaldo Gentilli, classe 1920 – che ha vissuto, e assaggiato, questo modo di vivere Milano durante gli anni compresi fra le due guerre mondiali.

Peri cotti

Riconoscibili per la caldaia di rame lucidissima e ben calda appoggiata su un cuscino per proteggere il ventre sul quale era appoggiata, i venditori di pere cotte annunciavano il loro arrivo con la tradizionale frase “peri cotti!” gridata a gran voce lungo le strade nelle serate invernali della vecchia Milano oppure visitavano i trani, le vecchie mescite di vino così chiamate dal nome del ben noto vino pugliese. Erano generalmente di origine veneta (spesso bellunese) e vendevano le pere cotte infilate su uno stuzzicadenti dopo averle ben zuccherate.

Gigi della gnaccia

Muniti del solo tavolino pieghevole i “Gigi della gnaccia” vendevano davanti a scuole e oratori piccoli pezzi di castagnaccio e frittelle di ceci. Questi ambulanti, generalmente provenienti dalla Toscana, avevano anche inventato una sorta di “Lascia e raddoppia” ante litteram: i clienti, generalmente bambini, oltre ad acquistare per una decina di centesimi un pezzo di dolce, potevano tentare la fortuna con il gioco del pari o dispari: in caso di vittoria avrebbero avuto una porzione doppia mentre, in caso contrario, sarebbero rimasti a bocca asciutta; in quest’ultimo caso un codice non scritto, ma comunque rispettato, prevedeva che all’implorazione convenuta del piccolo acquirente – Gigi…pezeto – Gigi regalasse comunque un pezzettino di dolce.

Oggigiorno il castagnaccio è ancora presente in alcune panetterie (prestinee) e pasticcerie (ofelee) milanesi.

Scotti caldi

Al grido “scotti caldi” questi ambulanti pubblicizzavano le loro castagne cotte al forno e trasportate in una cesta – ben imbottita per mantenerle calde – appoggiata sulla pancia. Come per i “peri cotti” vendevano il loro prodotto lungo le strade e nei trani nelle nebbiose serate invernali.

Dolciumi e balotera

Davanti a scuole e oratori i venditori di dolciumi erano una presenza fissa: croccanti, stracaganasse (castagne secche), spagnolette (arachidi), “brutti ma buoni” erano le prelibatezze ambite dai bambini di quella Milano da libro Cuore. Oltre ad acquistare normalmente, per 10 o 20 centesimi, i diversi dolcetti, l’acquirente poteva decidere di giocare a una sorta di riffa. Il venditore aveva, all’interno della balotera (una semplice sacca), i numeri da 1 a 90 ed entrambi estraevano un numero a testa: se il cliente trovava il numero più alto avrebbe avuto diritto a due dolci (esentasse…!!) mentre, in caso contrario, non avrebbe ottenuto nulla. Altro che i videopoker….

Quel dei gamber

A partire dal secondo dopo guerra, il fiume Lambro è diventato sinonimo di fiume inquinato e biologicamente quasi morto, ma non è stato sempre così, anzi…Fino a pochi decenni prima uno degli stuzzichini più comuni dei milanesi erano i proprio i gamberi di fiume pescati nel Lambro (attualmente questa specie è rigidamente protetta dall’Unione Europea e dalle leggi italiane e regionali). Venduti per strada al grido “…e quel dei gamber pescà in tel Lamber, saladi e boni con l’erba bona” (…e quello dei gamberi pescati nel Lambro, salati e buoni con i semi di finocchio). Oltre che lungo le strade, i gamberi erano venduti nelle osterie fino a tarda notte.

Frutta e verdura

“Ohi donne” ecco il grido con cui, nelle vie di periferia, numerosi ambulanti attiravano l’attenzione per vendere frutta e verdura. Il regolamento comunale dell’epoca prevedeva che questi venditori potessero fermare il loro carretto, spinto ovviamente a forza di braccia, solo per il tempo necessario alla vendita; in caso contrario sarebbero stati multati oppure arrestati per occupazione abusiva di suolo pubblico. Quest’ultima possibilità, molto meno costosa e comprensiva di pasto caldo, era spesso quella preferita dai malcapitati…criminali!

El caffè del genœùcc

All’inizio della storia delle tramvie milanesi tutte le linee avevano il capolinea in piazza del Duomo dove, grazie ad una grande rotatoria, potevano invertire la direzione di marcia. La piazza era quindi affollata, oltre che di comuni cittadini, anche del personale addetto ai tram. Venne così, ad un intraprendente milanese, l’idea di avviare una piccola…attività: vendere del caffè caldo conservato all’interno di un capiente thermos. Dato il peso del contenitore, per versare il caffè il venditore era costretto a piegare una gamba e appoggiare il recipiente sul ginocchio, dando così origine a questo ormai scomparso modo di dire. In realtà, vista la pessima qualità del caffè venduto, caffè del genœùcc era divenuto un modo per definire qualsiasi caffè di pessima qualità.

Ciao papà

Pubblico oggi nuovamente questo articolo, già precedentemente comparso nella precedente “versione” di World Wine Passion nel mese di agosto 2012, per ricordare mio padre scomparso esattamente due anni or sono.

Un abbraccio infinito, papà!

 

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