Lo Sciacchetrà: l’arte in un vino, un vino nell’arte
Ghe vorriæ un ballôn de lanna
E foddrôu de sagorrà,
Con mi drento ben serrôu,
De coton tùtto fasciôu,
E imbottïo de sciacchetrà,
Perché là gh’é i zeffiretti
Che fan diventà sciorbetti.
Ci vorrebbe un pallone di lana
foderato di corda,
con me dentro ben chiuso
tutto fasciato di cotone,
e imbottito di sciacchetrà
perché là ci sono i venticelli
che ti fanno diventare gelato.
(tratto da: Olea romantica In: Poesie di Martino Piaggio, 1864)
Traduzione dal ligure a cura di Andrea Morerio
La Via prosegue senza fine / Lungi dall’uscio dal quale parte…così J.R.R. Tolkien, per bocca degli hobbit, ci canta la sua idea di viaggio…di avventura. E così, come tutte le grandi avventure, anche questa inizia in modo inatteso per condurci lontano, in un mondo che si sta perdendo, un mondo fatto di passione e sacrifici, di storia e tradizione, di profumi e di sapori. E la Via, che continua “Lungi dall’uscio dal quale parte“, mi conduce nelle Cinque Terre in burrascoso pomeriggio di novembre al termine di un lungo peregrinare tra Langa, Colli di Parma e Appennino.
Le Cinque Terre e lo Sciacchetrà
Poche settimane sono passate da quando, proprio su questo portale, abbiamo pubblicato un articolo che cercava di raccontare storia e magia delle Cinque Terre, dei suoi vigneti e dei suoi vini (https://www.worldwinepassion.it/.. ../..tra-cielo-e-mare.htm). In ogni caso, chi non avesse avuto la possibilità di leggere o chi volesse semplicemente un breve “ripasso” di seguito troverà riassunte in poche righe gli aspetti essenziali della cultura enologica di questo splendido angolo di Italia.
La coltivazione della vite nelle Cinque Terre rappresenta uno dei massimi esempi di viticoltura eroica del nostro Paese. I vigneti, sempre terrazzati, sono costituiti in gran parte dai tre vitigni a bacca bianca tradizionali: Vermentino, Bosco e Albarola che costruiscono la base ampelografica per i vini Cinque Terre Doc e Cinque Terre Sciacchetrà Doc. Lo Sciacchetrà e la sua tipologia Riserva, ottenuti da uve appassite dopo la vendemmia e deraspate manualmente prima della vinificazione, rappresentano le perle della produzione vinicola della questa zona nonché vini capaci di regalare emozioni e sensazioni uniche e sono, pertanto, apprezzati dai gourmet di tutto il mondo.
Sciacchetrà e letteratura, ovvero l’arte sposa l’arte
La magia della grande letteratura è la sua capacità evocativa, è il suo essere in grado, con poche parole, di farci annusare, vedere, vivere i paesaggi, le storie o le emozioni. Non a caso ho iniziato questo racconto con alcuni versi di J.R.R. Tolkien, maestro indiscusso della descrizione evocativa.
Lo Sciacchetrà, in tal senso, non è stato nei secoli solo un vino ma anche una musa, una fonte di ispirazione per coloro i quali, da Petrarca a Montale, abbiano cercato di imprimere sulla carta o sulla tela lo spirito delle Cinque Terre.
La rupe del Purgatorio: ecco ricorda a Dante il paesaggio, selvaggio ma bellissimo, di queste coste e, ai versi 22 – 24 del XXIV canto del Purgatorio scrive “ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia: dal Torso fu, e purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la vernaccia” riferendosi alla condanna al digiuno di Papa Martino IV, causata dalla sua eccessiva passione per l’anguilla e la vernaccia cioè, in questo caso, proprio i vini dolci delle cinque Terre.
Boccaccio scrive quanto segue nella seconda novella (Feria d’Agosto) della decima giornata del Decameron: “…e allora in una tovagliuola bianchissima gli portò due fette di pane arrostito e un gran bicchiere di vernaccia da Corniglia..“. Un’approfondita analisi della presenza dello sciacchetrà nelle opere di Boccaccio e, più in generale, nella letteratura tardo medioevale e rinascimentale è presente nel Giornale Storico e Letterario della Liguria del 1907 (Vol. 8 Fasc. 1-2-3, pag. 468) e di seguito testualmente riportata: <<La nota e ormai celebre “Vernaccia da Corniglia” che, secondo il Boccaccio, Ghino di Tacco diede a bere all’abate di Clignì, ha richiamato testé l’attenzione di Orazio Bacci, il quale giustamente non poteva acquietarsi alle chiose dei commentatori, che pretesero prendesse quel nome da Corneil in Francia, mentre non occorreva uscire d’Italia per trovare il luogo donde proviene il vino squisito.
Infatti il cronista Salimbene, secondo quanto rileva il Torraca annotando i vv. 23-24 del Purgatorio, tocca della patria d’Arduino, e cioè di Chiavari, e soggiunge: “Et ibi prope vinum de Vernacia abundanter habetur, et vinum terrae illius optimum est”, dove non è punto dubbia la designazione di Vernazza, una delle ben conosciute Cinque terre in Riviera di Leante, non lungi dalla quale trovasi pure Corniglia che è appunto del novero.
Da questa ultima località si procurava magliuoli di vino anche tal Vieri de Bardi, come leggiamo nella CLXXVII novella tratta dal Trecentonovelle del Sacchetti: E veggendosi in grande stato, per onore di sé e per vaghezza di porre nel suo alcuno nobile vino straniero, pensò trovare modo di far venire magliuoli da Porto Venere della vernaccia di Corniglia.
E per alcuno amico fece scrivere a un messer Niccoloso Manieri da Porto Venere che quelli magliuoli dovesse mandare. E aúto buona risposta, trovandosi alcuna volta con messer lo piovano in quella villa suo vicino, dicea come avea trovato modo d’avere de’ magliuoli della vernaccia di Corniglia, e che gli aspettava d’ora in ora.
Questo nobile vino è presente anche nei versi di Francesco Petrarca che, nella sua opera Africa, ha scritto “Da qui i vigneti illuminati dall’occhio benefico del sole e dilettissimi a Bacco si affacciano su Monte Rosso e sui gioghi di Corniglia, ovunque celebrati per il dolce vino“
La presenza di questi vini nella lettura non si arresta certo al Rinascimento, infatti Gabriele D’Annunzio nelle Faville del Maglio definisce questo famoso vino “…quel fiero Sciacchetrà che si pigia nelle cinque pampinose terre…” ed Eugenio Montale, che amò le Cinque Terre così tanto da fare di Monterosso il suo luogo di residenza estiva, scrisse a riguardo dello Sciacchetrà ” …il tipo classico, bevuto sul posto, autentico al cento per cento, supera di gran lunga quel farmaceutico vino di Porto”.
Concludo ricordando, come già nel mio precedente articolo, che nemmeno i pittori furono immuni dal fascino di questo vino, tanto che il famoso pittore macchiaiolo Telemaco Signorini – uno dei primi, pare, a usare il termine Sciacchetrà – scrisse nelle sue memorie, ricordando le tante estati trascorse a Riomaggiore: “in settembre, dopo la vendemmia, si stendono le migliori uve al sole per ottenere il rinforzato o lo sciaccatras“.