• Lun 04 Dic 2023

Il vino del sabato: La Toscana delle bacche bianche: il Sassocarlo di Terre a Mano

Quest’è Bacco e Arïanna,
belli, e l’un dell’altro ardenti;
perché ‘l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe e altre genti
sono allegri tuttavia.
Chi vuole esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Tratto da “Canzona di Bacco”
Lorenzo de’ Medici

Miseria e nobiltà: un binomio reso famoso dalla celeberrima commedia napoletana di Eduardo Scarpetta, tanto da divenire quasi un modo di dire per accostare mondi differenti, i cui confini si confondono fino quasi a divenire un tutt’uno. Una nobiltà, talvolta, solo sulla carta e una miseria, spesso, figlia del pregiudizio e della scarsa conoscenza più che di una reale inferiorità.

È una situazione che trova, a mio avviso, una sua “perversa perfezione” nell’Italia di oggi, tesa a inseguire l’esteriorità e il finto successo e divorata, dall’interno, dalla sua stessa inconsistenza, madre dei peggiori difetti che minano il nostro presente e il nostro futuro: discriminazione, corruzione, ricerca dell’apparire a tutti i costi.

Il mondo del vino – certo – non è estraneo a questa realtà, vedendo coesistere al proprio interno il piccolo vignaiolo e il V.I.P. che si scopre “contadino”, la grande e blasonata Denominazione e i piccoli territori vitivinicoli che, pur regalandoci alcuni veri capolavori, stentano ad affermarsi per mancanza di visibilità, scarse possibilità di investimento e mancanza di curiosità da parte dei consumatori.

La Toscana rappresenta, a mio avviso, un caso emblematico di quanto appena scritto: Denominazioni che danno vita – e su questo non si discute, intendiamoci – ad alcuni dei più grandi vini del mondo senza riuscire, però, ad essere sufficientemente da traino per altri territori di antica tradizione ed eccellente qualità, grandi marchi nazionali e internazionali che coesistono con piccoli produttori, fautori dell’innovazione e della internazionalizzazione del gusto e Aziende che perseguono la tradizione e la riscoperta di profumi e sensazioni che si andavano perdendo.

È, però, fuori di dubbio che anche tutto ciò contribuisca ad accrescere il fascino di un mondo – quello del vino – che non finisce mai di riservare sorprese e di ricordarci quanto poco si conosca rispetto a quanto – ancora – si debba conoscere.

Trebbiano toscano e Malvasia bianca lunga, ovvero il lato bianco della Toscana

Il Trebbiano è presente in Toscana – e più genericamente in Italia centrale – certamente da molti secoli. Viti col nome di Trebulanum sono già citate da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, per una zona vicino a Capua; alla fine del XVI secolo Andrea Bacci lo riporta, nella sua De Historia Natural Vinorum, come presente nei pressi di Luni in provincia di La Spezia. Nel 1600, Soderini lo indica – insieme alla Malvasia bianca lunga o Malvasia del Chianti – come una della varietà di vite più coltivate in Toscana; è proprio da questa regione che questo vitigno viene esportato in Francia, durante la permanenza del Papa ad Avignone nel XIV secolo, dove, almeno a partire dal 1514, prende il nome di Ugni blanc.

Recenti analisi biomolecolari hanno dimostrato che il Trebbiano toscano deriva da un’ibridazione naturale tra Garganega e un’altra varietà tutt’ora sconosciuta; questo fatto lo pone in stretti rapporti di parentela con altre varietà derivanti dalla Garganega quali, a solo titolo di esempio, l’Albana, il Catarratto bianco la Malvasia bianca di Candia.

La Malvasia bianca lunga, forse più nota con i nomi di M. bianca toscana o M. del Chianti, è presente in quest’area da molti secoli: è, infatti, già citata da Micheli nel 1679 con il nome di “Malvagia piccola lunga”. Rispetto alle altre Malvasia italiane risulta più strettamente in relazione con la M. del Lazio, la M. bianca di Candia e la Malvasia delle Lipari; inoltre, la sua ibridazione naturale con il Negro Amaro ha dato origine alla M. nera di Brindisi e Lecce. È tradizionalmente presente, pur se con altri nomi, in Croazia e in Grecia.

Il Barone Bettino Ricasoli introdusse questo vitigno nel suo “disciplinare” del 1870 per la produzione del Chianti, motivandone l’utilizzo con le seguenti parole: “la Malvasia tende a diluire il prodotto delle prime due uve (Sangiovese e Canaiolo, NdA), ne accresce il sapore e lo rende più leggero e più prontamente adoprabile all’uso della tavola quotidiana”. A queste uve si affiancava il Colorino, utilizzato per la pratica del “governo”.

Terre a mano: un’Azienda, un territorio e il vino….per non parlar dell’olio

Il territorio di Carmignano, in provincia di Prato, vanta un’antica tradizione vitivinicola che vede affondare le proprie radici nella storia a partire dal tardo Medioevo, quando il cronista Pietro Domenico Bartoloni descrisse i vini di Carmignano come “eccellenti”. La fama di questa parte di Toscana superò il Rinascimento per arrivare intatta nel pieno dell’età Contemporanea, come testimoniato dal Palgiani (1891) che, nel “Supplemento alla VI edizione della Enciclopedia Italiana”, alla voce Carmignano così scrisse: “….tra il territorio bagnato dall’Arno e dall’Ombrone produce vini squisiti, dei migliori della Toscana”.

A Bacchereto, in comune di Carmignano, l’ex villa di caccia della famiglia Medici ospita la Fattoria di Bacchereto – Terre a Mano. La villa, di proprietà della famiglia Banci dalla fine del XVIII secolo, viene acquistata nel 1920 dal nonno dell’attuale titolare, la Signora Rossella Bencini Tesi.

I suoli sono prevalentemente marnosi – argillosi con presenza di scheletro molto abbondante, costituito in buona parte da galestro. Le precipitazioni si attestano generalmente intorno ai 1.000mm annui e la temperatura media annuale dell’aria è di circa 13 – 14°C con estati calde, ma non troppo afose, e inverni relativamente rigidi. La vigne, certificate biologiche, sono condotte secondo le regole dell’agricoltura biodinamica; i nuovi impianti vengono realizzati con barbatelle ottenute da marze dei vigneti della Fattoria.

La Fattoria di Bacchereto produce anche olio E.V.O. da olive di produzione aziendale.

Terre a Mano – Sassocarlo – Bianco Toscano Igt – 2012 – L. 02/14

Il Sassocarlo 2012 è ottenuto da uve Trebbiano toscano (90%) e Malvasia bianca lunga (10%), prodotte da vigneti di circa 45 anni di età. Le uve, dopo la pigiatura, sono vinificate in rosso con una macerazione di circa quattro o cinque giorni. Il controllo della temperatura durante la fermentazione, svolta in vasche di cemento con follature manuali, avviene esclusivamente mediante délestage, quando necessari. Questo vino, prima dell’imbottigliamento, trascorre circa un anno in tonneaux di rovere di Allier di secondo e terzo passaggio.

Alla vista, il Sassocarlo 2012 si presenta di un intrigante, caldo e luminoso color oro antico. È l’insieme dei suoi profumi, però, che colpisce per complessità e fascino: un bouquet, certo non banale, che si propone – a bicchiere fermo – con un’evidente nota di albicocca matura seguita – dopo una lieve rotazione – da sentori di foglie di tè nero e zafferano. Col trascorrere dei minuti, il suo naso si completa di note floreali, che ricordano la Toscana e le sue colline ricoperte da ginestre, nonché di profumo di miele di castagno; una lieve nota eterea ne arricchisce ulteriormente il già ampio panorama olfattivo.

In bocca si presenta ampio, gradevole e di corpo; i tannini, gradevoli pur se ancora nervosi, sorreggono, con l’aiuto dell’evidente freschezza, l’importante struttura di questo “vino rosso” vestito di bianco; assai gradevole la chiusa e decisamente lunga la persistenza.

Degustazione del 21 gennaio 2015

Terre a Mano – Fattoria di Bacchereto
59015 Bacchereto (Prato)
terreamano@gmail.com

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