Il Brandy Italiano Artigianale: il vero volto di un nobile distillato
Le acquaviti troppo forti, non si bevono d’un sol tratto.
Si posa il bicchiere, poi si vedrà, la prima goccia già fa riflettere
Victor Hugo, L’uomo che ride, 1869
Moda: “Fenomeno sociale che consiste nell’affermarsi, in un determinato momento storico e in una data area geografica e culturale, di modelli estetici e comportamentali…” (tratto da Enciclopedia Treccani on line). Questa definizione nasconde in sé l’inevitabile conseguenza per la quale, in differenti momenti storici, altri fenomeni, stili o prodotti possano affermarsi come modelli o, più in generale, come simboli di un dato luogo e/o di un dato gruppo.
In questa definizione è anche implicito come tali cambiamenti possano essere assolutamente indipendenti dalla qualità o dall’importanza del prodotto o del comportamento considerato ma che siano esclusivamente il risultato della percezione dei gruppi verso di essi.
Queste considerazioni, invero assai astratte, sono, a mio avviso, utili per comprendere la storia di un prodotto quale il brandy che ha visto, negli ultimi decenni, un marcato calo dell’interesse nei propri confronti sia da parte del consumatore “medio” sia da parte di molti appassionati di distillati.
Parliamo, come è noto, di un distillato di vino – quali sono anche il Cognac e l’Armagnac francesi – che, a prescindere da alcune differenze nei vini base e nelle tecniche di distillazione, sono anch’essi distillati di vino prodotti negli omonimi territori d’Oltralpe.
Le righe che seguiranno, oltre a voler fornire alcuni aspetti essenziali alla comprensione di tale distillato, vogliono raccontare l’evento dedicato al Brandy Italiano Artigianale svoltosi a Milano lo scorso 11 febbraio 2019 presso lo spazio Design Elementi Neff Collection e al quale hanno partecipato quattro piccoli – ma importantissimi – distillatori artigianali italiani, ovvero Vittorio Gianni Capovilla, Guido Fini Zarri, Bruno Pilzer e Mario Pojer.

Il Brandy in Italia: luci e ombre fra industria e artigianalità
La produzione italiana di brandy trae origine verso la fine del XVIII secolo – pur se già nei secoli precedenti erano realizzati distillati di vino – ma trova la massima espansione industriale – con marchi che hanno fatto la storia “commerciale” di questo distillato quali Buton, Stock, Branca, René Briand e Florio oltre a Carpené, Gambarotta, Pilla, Ramazzotti e Sarti – tra la seconda metà del 1800 e gli anni ‘70 dello scorso secolo inizialmente anche in risposta al calo della produzione francese dovuto all’arrivo della fillossera.
In seguito, cambiarono le mode e i gusti si orientarono verso altri distillati oppure verso prodotti di più bassa gradazione portando da un lato alla scomparsa di numerosi marchi e dall’altra a una sorta di oblio verso un prodotto percepito sempre più come fuori moda e di scarsa qualità specie se confrontato con i ben più blasonati “fratelli” francesi.
Attualmente, la produzione del Brandy Italiano I.G. “è riservata al brandy ottenuto in Italia dalla distillazione di vino proveniente da uve coltivate e vinificate nel territorio nazionale, invecchiato in recipienti di quercia per almeno un anno o per almeno sei mesi se la capacità dei recipienti di quercia è inferiore a 1.000 litri” (Fonte Qualigeo). È ammessa l’aggiunta di zucchero (massimo 2%) nonché di sostanze aromatizzanti naturali e preparazioni aromatiche ottenute da trucioli di quercia, o da altre sostanze vegetali, mediante infusione o macerazione con acqua o con acquavite di vino nella misura massima del 3% del volume idrato; è, inoltre, ammessa l’aggiunta di caramello. Per poter essere immesso al consumo il Brandy Italiano I.G. deve avere un titolo alcolometrico non inferiore a 38% in volume.
Il Brandy Italiano Artigianale, ovvero il volto della nobiltà
Il Brandy Italiano Artigianale trova in alcune distillerie un vero e proprio baluardo finalizzato non solo alla sua produzione secondo criteri che gli garantiscano l’alta qualità ma anche l’impegno alla sua diffusione al fine di fargli riconquistare il ruolo di prestigio che è dovuto a un prodotto di così importante tradizione.
L’evento milanese ha visto la partecipazione di quattro distillerie di alto rango – Capovilla, Pilzer, Pojer e Sandri e Villa Zarri – che nell’ambito della loro produzione si sono date delle rigide regole al fine di garantire – ognuna nel rispetto del vino base, delle tradizioni del territorio e dell’interpretazione aziendale – la massima qualità ai propri brandy.
In estrema sintesi, tali regole prendono inizio col selezionare accuratamente l’uva e seguirne attentamente il processo di fermentazione senza l’aggiunta di anidride solforosa. In seguito, durante la distillazione del vino, esse utilizzano alambicchi – Charentais o a bagnomaria – che estraggono delicatamente gli aromi e alla fine della distillazione stessa sapranno aspettare che il brandy invecchi per tutto il tempo che gli è necessario per raggiungere l’equilibrio fra i suoi aromi naturali e l’alcool, secondo lo stile e il gusto di ciascuno. Da ultimo, ma non certo per importanza, tali aziende non aggiungono aromi naturali o artificiali né caramello ed evitano qualsiasi manipolazione prima dell’imbottigliamento, limitandosi ad effettuare unicamente la filtrazione a temperatura ambiente.
La volontà di promuovere questo magnifico distillato ha spinto i quattro maestri distillatori a proporre i loro prodotti anche con abbinamenti gastronomici, curati da Stefano Caffarri, tra i quali spiccavano per interesse e qualità intrinseca quelli con una piccola ma straordinaria selezione di formaggi italiani ed europei.
Le Aziende e i loro brandy
Le quattro Aziende che hanno organizzato e partecipato a questo evento rappresentano, ciascuna con la propria storia e la propria interpretazione, alcune delle migliori eccellenze nel campo della della distillazione. Le righe che seguiranno, ben lontane dal voler esaurire il racconto del loro lavoro e dei loro prodotti, cercheranno di dar voce in breve al loro impegno e al loro irrefrenabile entusiasmo.
Capovilla
Vittorio Gianni Capovilla, la cui azienda è attiva a Rosà in provincia di Vicenza, si avvicina relativamente tardi al mondo della distillazione provenendo inizialmente dal mondo della meccanica e dall’acquisto di uve e successiva produzione di vino. La passione per i distillati nasce a seguito dell’approfondita conoscenza “sul campo” dei distillati di frutta tedeschi e svizzeri che lo colpiscono profondamente facendogli sorgere il desiderio di cimentarsi anch’esso nella nobile arte della distillazione.
Attualmente, validamente aiutato da ormai otto anni dal nipote Alvise, produce un’ampia gamma di distillati di frutta ottenuti partendo da antiche varietà coltivate in azienda secondo le regole dell’agricoltura biologica. A questa produzione si affianca la distillazione di grappa e quella del brandy, alla quale dedica particolare tempo e attenzione.
Il brandy 1998 proposto in degustazione, ottenuto da vino Chardonnay e Valpolicella tramite distillazione a bagnomaria e invecchiato 20 anni in botte, si presenta allo sguardo di un caldo e lucente color rame con evidenti riflessi dorati. Al naso, regala suadenti sensazioni di uva fresca e uvetta appassita oltre a una variegata serie di sfumature capaci di abbracciare i fiori bianchi dolci così come il tamarindo e il fieno; l’insieme è percorso dalle garbate note speziate della vaniglia a ricordarci il suo lungo sposalizio con il legno. L’assaggio, elegantemente sostenuto da una spinta alcolica ben presente ma composta e di assoluta gradevolezza, è ampio, elegante, molto morbido e avvolgente. Un prodotto capace di affascinare nonché in grado di riunire intorno alla stessa bottiglia assaggiatori esperti e smaliziati, attratti dalla sua complessità e profondità, così come appassionati ai primi assaggi grazie alla grande morbidezza e piacevolezza del sorso.
Pilzer
La distilleria – fondata da papà Vincenzo nell’ormai lontano 1956 a Faver, in Val di Cembra (TN) – inizia la propria produzione realizzando grappe e acquaviti. L’ingresso, nel 1983, nell’attività di famiglia di Bruno – e, più avanti, di Ivano – fornisce nuova spinta e ulteriore entusiasmo che si concretizzano, tra l’altro, con la realizzazione a Portegnac, poco fuori Faver, della nuova sede aziendale. La produzione di brandy ha inizio nell’anno 2000 a seguito della conoscenza con Pojer e Sandri e dei viaggi di studio e approfondimento nella regione del Cognac. Inizialmente distillato a bagnomaria, il loro brandy – Historiae – viene oggi distillato tramite un alambicco appositamente progettato a partire da vini ottenuti da uve schiava e lagarino lasciati affinare sulle fecce nobili fino alla metà dell’inverno successivo alla vendemmia; in seguito, sarà invecchiato per oltre 11 anni in botti nuove poco tostate.
Di color dorato lucente, si presenta per mezzo di un panorama olfattivo giocato principalmente sulle sensazioni di uva fresca e polvere di caffè oltre che su eleganti note di frutta esotica. Al sorso, stupisce per morbidezza, finezza e persistenza; brandy essenziale e teso, è sorretto da un’alcolicità composta e piacevolmente diretta.
Pojer e Sandri
L’Azienda, fondata nel 1975 da Mario Pojer e Fiorentino Sandri, nasce, a partire da 2ha di vigneto, a Faedo (TN) – tra la Val d’Adige e la Val di Cembra – con la volontà di realizzare vini di alta qualità. In seguito, nel 1981, acquistano un alambicco dando così inizio anche alla loro attività di distillatori. L’anno 1986 vede l’inizio della produzione di brandy a partire da vini ottenuti da uve lagarino e schiava distillati in autunno insieme alle loro fecce nobili; in seguito, il prodotto invecchierà lungamente in piccole botti precedentemente utilizzate per la maturazione dei loro vini bianchi.
Il loro Brandy 30 anni – ottenuto dall’assemblaggio delle annate 1986, 1987 e 1988 invecchiate 10 anni in barrique usate – si presenta allo sguardo di un affascinante color ambra chiaro brillante che vuole introdurci a un naso fine e complesso, nel quale spiccano note di fiori gialli affiancate dalle ben presenti sensazioni di uva fresca nonché di uvetta appassita e fieno. Al palato, spicca per eleganza e carattere; il sorso, teso ed essenziale, è armonico e piacevolmente sostenuto dalla ben presente sensazione alcolica che lo sorregge senza conferigli un’eccessiva pungenza; la lunghissima persistenza e l’eleganza del fin di bocca ne fanno un prodotto di grande interesse capace di coniugare una qual certa “timidezza” con una personalità spiccata ed intrigante.
Villa Zarri
Conclusa l’esperienza di Pilla, la notissima azienda di famiglia, Guido Fini Zarri inizia la nuova avventura nel mondo dei brandy artigianali di altissima qualità dando vita alla distilleria Villa Zarri a Castel Maggiore (BO). Tutti i suoi prodotti, ottenuti distillando vini prodotti da uve aziendali trebbiano romagnolo, prendono vita mediante un alambicco Charentais e sono, in seguito, invecchiati in botticelle di legno di rovere da 350 litri provenienti dalle foreste di querce di Allier e Limousin. La gamma di prodotti è ampia ma sempre improntata alla ricerca dell’alta qualità e di un assaggio capace di coniugare eleganza, ampiezza e carattere.
Il suo Brandy 1989 a pieno grado, imbottigliato nel 2009, è stato ottenuto da una singola botticella nella quale il distillato è stato invecchiato per 19 anni. Di color ambra lucente, si presenta ai nostri sensi per mezzo di un bouquet armonico, elegante e di eccellente complessità. Le ben presenti sensazioni di uva fresca e uvetta appassita sono accompagnate dalle note fruttate dell’albicocca disidratata nonché da quelle speziate della vaniglia; sentori di mallo e gheriglio di noce e fiori gialli essiccati ne completano l’ampio caleidoscopio olfattivo. Al palato, si presenta vellutato e profondo ma, nel contempo, teso e vibrante grazie all’evidente alcolicità che si offre, comunque, sempre morbida e avvolgente; lunghissima la persistenza.